Il film: Roma Città aperta

Roma città aperta, film storico-drammatico, regia di Roberto Rossellini, con Anna Magnani, Aldo Fabrizi, durata 103 minuti, 1945, produzione Italia.

Premessa storica. Roma 25 luglio 1943. Il governo monarchico di Badoglio, in carica dopo la destituzione di Mussolini, non è un governo nato per costruire una nuova costituente repubblicana, essomira a ripristinare la situazione istituzionale che c’era prima del fascismo, ossia un ordine democratico – parlamentare controllato dalla monarchia, quest’ultima sostenuta da un esercito regio.

Badoglio è accolto con entusiasmo dai movimenti antifascisti, ma dà subito un preoccupante segnale, tanto chiaro quanto violento, finalizzato alla difesa della ideologia monarchica. Badoglio risponde in piazza col fuoco delle armi alle richieste costituzionalidegli  antifascisti.

Il film.Roma, 8 settembre 1943. I nazisti hanno occupato la capitale. Il governo Badoglio continua a governare ma è destinato a spostare continuamente la sua sede tra una città e l’altra del sud d’Italia. E’ un governo attendibile, non isolato internazionalmente, che gode anche dell’appoggio statunitense.

I nazisti a Roma hanno l’ordine, dal governo tedesco, di indebolire il governo Badoglio raccogliendo informazioni sulla sua organizzazione militare e le intenzioni politiche più immediate, per far ciò il generale tedesco a Roma è costretto a interrogare gli antifascisti e i monarchici romani già conosciuti tramite i servizi segreti fascisti, sono personaggi che sanno come rintracciare uomini chiave del governo Badoglio e conoscerne gli ultimi intenti tattici e gli obiettivi strategici.

Questa posta in gioco militare, fatta di raccolta di conoscenze vitali per il regime, se soddisfatta, potrà essere decisiva per le sorti  del fascismo in Italia.

Per raggiungere questo obiettivo i nazisti usano ogni genere di tortura e corruzione, rispettivamente verso antifascisti militanti e persone romane disposte a collaborare col nazismo in cambio di favori.

Film di grande potenza drammatica che fa raggiunge nuovi livelli di emozionalità al cinema. Ciò in virtù di una straordinaria impressione di realtà, ossia di una fusione tra realtà e finzione su fatti di per sé tragici della seconda guerra mondiale, fatti che erano ancora carenti, nel cinema, del linguaggio più appropriato per raccontarli.

Si consolida quindi con questo film tutto un pensiero neorealista, una filosofia, che anima già da alcuni anni diversi artisti italiani e non, e che trova col cinema una possibilità di espressione che gli è congeniale.

L’uso del bianco e nero è irrinunciabile per il neorealismo. Esso  stacca i personaggi dallo sfondo donando loro più anima, ciò in virtù della sua proprietà di dare maggior rilievo ai volumi e maggior irruvidimento ai tessuti dei vestiti nonché alle superfici delle cose.  Questo, unito a un modo di stare nel film da parte dei personaggi  privo di posture costruite a tavolino o guidate forme di sguardo, e alla facilità degli attori nel calarsi psicologicamente nella profondità dei fatti che accadono, rimanendo sempre a contatto con la superficie più banale della reattività cui sono costretti i personaggi, e per finire l’essenzialità della trama che mai si disperde in rivoli di patetismo, fanno fare al cinema un salto nella comunicazione etica, storica, letteraria, filosofica, di grande portata civile-culturale.

 Biagio Giordano

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