UNA VULGATA DA SFATARE ‘LA CROCETTA FATTA SALTARE DAI CELLESI!’

Per verità! Per Celle, per i cellesi e i pochi ‘çellaschi’ d’allora rimasti! E per la Storia!

La vulgata è quella che siano stati dei Cellesi, presunti partigiani, a causare lo scoppio del promontorio della Crocetta, per il noto fatto di aver ucciso uno dei tre tedeschi rimasti di guardia (il Tenente Winckler, delle Guardie di Frontiera, non SS) e ferito il secondo, accorso.
E con il terzo che, sentiti gli spari e accorso anch’egli e vedendo l’accaduto, non ha esitato a correre all’imbocco a est dov’era di guardia e lanciare bengala rossi, di pericolo, chiedendo rinforzi. Bastò poco a far accorrere una squadra di pontieri già in colonna verso nord. La ‘frittata’, per non usare un drammatico eufemismo, era fatta! Sono bastati due colpi sparati da degli sciagurati, senza alcun pro- getto, apparentemente non loro, non avendo fatto altro, o di chi li avesse mandati!
Frattanto i pontieri, collegati in fretta i detonatori dell’esplosivo nelle nicchie nella galleria ferroviaria interamente minata, forse non tutte le trenta come abbiamo già scritto, ne provocò lo scoppio. Squadra che si era fermata, mentre procedeva nella colonna verso il Giovo e Sassello, in ritirata per arrivare nella Valle Padana, passare le Alpi e raggiungere la Germania, così come da tutta l’Italia centro settentrionale. Tutto meglio descritto nei numeri dal 26 al 29/APR 2015-DIC 2016 de ‘a Civetta’, con testimonianze di Giovanni Berruti, dello scrivente e di altri. Unici scritti di questa vicenda, che è la più grave ad aver colpito il litorale ligure, e avvenuta proprio il giorno della liberazione!
Una bieca ironia della sorte…o altro… contro Celle?
Pr quanto andiamo a raccontare non giochiamo di fantasia, prendiamo i fatti come avvenuti, per quanto di nostra diretta conoscenza avendoli in parte vissuti, e come sentiti e recepiti, non essendovi alcuna nota ufficiale al riguardo, eccetto il ‘memoriale’ di Berruti: scritto privato ma di valenza pubblica nella sua funzione di interprete assoldato dal Comando Tedesco del contingente di Celle. Nessuna altra fonte ha riportato il fattaccio, né minima relazione o resoconto rinvenuto per quanto formalmente tentato di accerta- re presso l’Archivio Storico, l’Associazione Nazionale Partigiani sede di Savona, e pure presso la neocostituita sezione di Celle, che avrebbe dovuto acquisire tutti gli atti riguardanti la località. Altresì nulla presso l’Archivio Storico Comunale. Argomento tabù, bandito e silenziato! Solo passa-parola di nomi cellesi dello sparatore, addirittura più d’uno, sussurrati nella vulgata popolare e nient’altro. Nessuna inchiesta, nessuna pubblica discussione o/e ufficiale trattazione negli anni appena successivi. Solo racconti di testimonianze del vissuto, di chi scrive e riprese dai libri del Prof. N. Russo e del Cap. G.B. Mezzano (anch’esse pubblica- te da ‘a Civetta’ nei numeri su ci- tati). Aggiungendo il monumentale ‘Cellesi e çellaschi int’a stoia e int’a memoia’ (Cellesi e cellaschi nella storia e nella memoria), pubblicato del 1997.

Libro imperdibile di Vincenzo Testa ‘Enzo ù stundòiu’ come vi si è autodefinito, che ha vissuto tutto il periodo bellico e quei giorni da importante diretto protagonista in ambito, diciamo, più amministrativo. Egli dedica un intero capito alla Crocetta con alcune pagine in riquadro “Come si è giunti alla distruzione del Santuario”, dove i fatti sono descritti con maggiore ampiezza e più̀ particolareggiati. Forse non tutti coincidenti, e proprio quello più importante… Ma la verità̀ da tramandare alla Storia, deve superare ogni ostacolo, da qualsiasi parte esso venga o sia posto. Si vedrà in appresso, nella seconda parte.
E dunque, stando agli scritti e alle poche notizie raccolte verbalmente, componiamo i tasselli dell’infausto contesto che ha causato l’enorme epilogo e l’incommensurabile danno!

– Il Comando Tedesco locale aveva garantito di non far saltare il promontorio della Crocetta, con la galleria sottostante completamente minata, stante il buon comportamento dei cellesi nei confronti degli occupanti, militari tedeschi con San Marco. A prova, dopo le iniziali titubanze, i numerosi cel- lesi che si presentavano giornalmente alla TODT, per paga sicura e immediata. L’ente di costruzioni militari operante in Germania ed in tutti i paesi occupati dalla Wehrmacht, qui impegnato a realizzare i mezzi di difesa per il previsto sbarco delle Forze Alleate nell’alto Mar Tirreno. Il muraglione antisbarco in cemento sulla spiaggia dei Piani, vedi foto, con le saline per il prezioso sale dall’evaporazione dell’acqua di mare.

– Questo dopo la resa dell’Italia agli Alleati anglo-americani (3-8 Settembre 1943), già sbarcati in Sicilia e risalenti la penisola, con il passaggio da amici a nemici tra italiani e tedeschi. Così con i cel- lesi in buoni rapporti di reciproca tolleranza sino al fatidico giorno 25 Aprile 1945 che doveva essere quello della riconquistata libertà, quando le truppe di occupazione si raggruppavano in colonne verso nord, per raggiungere la pianura padana e tentare di oltrepassare le Alpi, dopo la capitolazione della Germania sancita l’8 maggio 1945. Invece…libertà riconquistata dai cellesi a caro prezzo!

– Nel nostro contesto regionale vi erano almeno tre valichi degli Ap- pennini con le città di riferimento per l’accentramento di truppe e mezzi in ritirata: dei Giovi (Geno- va), del Cadibona (Savona) e del Giovo Ligure-Sassello (Varazze).

Il contingente tedesco di Celle era integralmente evacuato verso quest’ultimo, lasciando tre mili- tari: uno di guardia presso la sta- zione ferroviaria, e gli altri due agli imbocchi della galleria. Più il S. Tenente San Marco, Alfredo Morandi, affidatario della cassetta dell’esplositore, il quale aveva assicurato, quale diretto esecutore, che i collegamenti degli esplosivi nelle nicchie della galleria erano stati scollegati.

La popolazione era apparentemente tranquilla, e pure quella dell’area più vicina, che era stata rassicurata di poter andare a dormire in casa da annunci ad alta voce per le vie del centro storico preceduti da suono di tromba, e con passa-parola alle due famiglie abitanti sopra il promontorio tra cui quella di chi scrive, che ne è testimone

– A questo punto, per logica, lo scoppio del promontorio, di interruzione dei collegamenti stradali e ferroviari con la Francia onde fermare o rallentare l’avanzata delle truppe di terra alleate, oggettiva- mente non aveva più̀ gran scopo per i tedeschi in fuga e già̀ lontani. Oltrechè con i primi contingenti anglo-americani, dai grossi mezzi semoventi, già a pochi chilometri da Savona ed infatti, giunsero a spianare il cumulo della ex Crocetta nei primi giorni dopo lo scoppio. E le truppe della V Armata avanza- te dal sud già̀ nei pressi di Genova. E dunque, con i tedeschi ammassati in colonne in ritirata, dove la logica di far saltare la Crocetta? Giusto. Ma perchè aver lasciato militari di guardia?
– In situazioni e momenti di peri- colo, di salvezza della vita e di particolari tensioni la logica cade da sola, per la prima domanda. “Per farla saltare comunque”, è la tesi di molti riguardo alla seconda. Subito però ribattendo: “Perché́ non averlo fatto al ritiro di tutto il con- tingente cellese? Poco più di una quindicina di uomini, ormai sulla punta dell’Omo quando è avvenuto lo scoppio”? Difficile dar risposta perché́ non siamo strateghi militari e non siamo tedeschi, con tutti i ‘contro’ e i ‘pro’. Stante che alcuni
di essi hanno aiutato gli abitanti delle case vicine alla Crocetta ad allontanarsi in fretta (vi sono testimonianze…) invece di fucilarne dieci secondo la nota regola…(Via Fiasella docet). Pensando male, forse ci voleva un pretesto..? Che è puntualmente arrivato…!
Sin qui per il quadro generale, visto dalla parte degli invasori (ex alleati) ormai in ritirata.
Ora da quella che avrebbe dovuto essere dei difensori: C.L.N., partigiani cellesi (da elenco ufficiale 26 volontari ma nessuno ‘in montagna’ e dunque dove…?), altri partigiani, altri volontari…
– Dallo scritto di Berruti, sulle alture sovrastanti il promontorio ci sarebbero stati 100-200 partigiani, a difendere la Crocetta, pronti a scendere a prenderne possesso con le buone o con le cattive, e i bengala visti dalla mamma del- lo scrivente erano stati interpretati come annuncio del loro imminente o avvenuto arrivo. Invece…
Inoltre, da una testimonianza raccolta dallo stesso da una moglie “quella notte il mio, e tutti gli altri mariti non erano nel letto…”: notte precedente la Liberazione e tutti a difendere la Crocetta…?

Per verità! Per Celle, per i cellesi e i pochi ‘çellaschi’ d’allora rimasti! E per la Storia!
Testimonianza nel N. 26 di chi scrive: ‘Io c’ero!’

ENIGMA SCOPPIO ‘RIFUGIO’ CHI HA L’HA FATTO SALTARE? E PERCHE?

Il ‘Rifugio’. Il tratto di galleria di forse 50 mt. di fronte all’arrivo in salita di Via Prati oltrepassata la Via Aurelia, scavata sotto Via Crovara, di proprietà del sovrastante già Albergo Excelsior, ora condominio con ascensore per accesso diretto. Così chiamato ‘rifugio’ dal tempo di guerra, e forse già dalla ‘prima’, quale unico riparo per gli abitanti della zona e del centro ad accorrervi al primo suono di sirena o rombo di bombardieri su Savona.

– Al primo buio scendono da Sanda, strada o frazione, alcuni facinorosi… Partigiani, si dice. Quanti non si sa, e stante che non ci sono più tedeschi in giro, il contingente cellese si era compattato e avviato verso Varazze, si appostano facilmente sullo slargo al piano della Via Aurelia davanti al Convento, sul terrazzo della casa degli Ossola-Olivieri, merlato verso mare, a un tiro dalla stazione. Di qui, verso le 23, partono i colpi che uccidono il tedesco di guardia, feriscono l’altro, accorso, e il terzo lancia i bengala rossi che avvertono di pericolo-soccorso i colleghi appena partiti. Poi degli sparatori, uno o più, non si sa altro. Se ne stanno lì acquattati o se ne vanno? Non risulta nulla al riguardo. Sparano, uccidono e basta. Una bravata fine a se stessa con il tremendo esito, senza vite umane ma che avrebbero potuto essere una decina di cellesi messi al muro, i primi trovati all’immediato ritorno di un gruppo di tedeschi, secondo la loro re gola di guerra. Per fortuna nulla di ciò. Solo un gruppo di pontieri con ordine di far saltare il promontorio e…addio Crocetta! E dei partigiani, o presunti tali, tra cui lo saratore?

Non s’è saputo né visto nulla! Silenzio per tutto il resto della notte.

Non, dunque, operazione militare preparata e gestita, di difesa e di guerra, cioè di sangue dove, ucciso uno, si vanno a neutralizzare gli altri due, di cui uno ferito, magari uccidendoli – si perdoni il cinismo – e si prende possesso di stazione e galleria, andando all’uscita ad est, ostruendone l’accesso con tutto quanto trovato in giro. Se si fosse, invece, trattato di un’operazione minimamente preparata, materiale approntato nelle vicinanze e discesa dalle alture dei 100-200 partigiani (di cui scrive Berruti (*), a bloccare l’uscita ad ovest della galleria del Buffòu e appostarsi sulla Via Aurelia, perché pontieri e rinforzi non potevano arrivare che da quella parte.

Niente di tutto questo. Nessun segno da parte dei partigiani. I cellesi tutti dormivano sonni tranquilli e sicuri di svegliarsi il giorno dopo ‘liberi’, quando ai primi albori gli abitanti di Via Consolazione sono stati avvertiti da grida impazzite che la Crocetta stava per saltare in aria. Tutti fuori a correre su per Via Colla, verso la Parrocchia e Via Sanda. Ignare e sicure invece le due famiglie, una dello scrivente, con genitori e fratello e sorella, abitanti sulla Crocetta a dormire il sonno della quiete prima della tempesta, giunta tremenda alle 5 e 15! Fortunatamente noi cinque e i tre componenti di un’altra famiglia tutti usciti indenni dallo scoppio!

– S’è saputo, anzi letto, il giorno dopo e scritto dai rappresentanti dell’autorità costituita dopo la liberazione, tra cui facenti parte del C.L.N. che, pur essendovi uomini disposti a prendere parte a conflitti a fuoco, con tanto di dichiarazione firmata, non vi erano armi e munizioni in paese ma giacenti

alle Colonie, Milanesi o Bergamasche!!! Ma i Partigiani avrebbero dovuto essere armati con armi proprie a difendere la Crocetta? O no? Sennò a far che e per che cosa essere nelle alture sovrastanti?

– Su periodici e quotidiani, alla ricorrenza dei 70 anni s’è letto: su Il Secolo XIX 9.9.2015, che ‘il 25 aprile 1945 il Santuario della Crocetta crolla sotto i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale …e verrà bombardato proprio nella stessa data che sancisce la liberazione italiana dai nazifascisti… il dramma si consumò quando i tedeschi erano già partiti con inizio da tafferugli scoppiati nei pressi della stazione ferroviaria tra alcuni uomini armati e i militari rimasti in paese (tre, a guardia di stazione e galleria) …il capo cade a terra senza vita e i nazifascisti (tedeschi!) fanno partire razzi per richiesta di rinforzi…e tornati sui propri passi fanno partire una violenta rappresaglia verso i rivoltosi (quale rappresaglia e quali i rivoltosi…?) e innescano la serie di mine poste presso la colline della Crocetta; e su Il Letimbro, luglio 2016 ‘Celle Ligure. Non fu ascoltato l’appello per salvare la zona dei Piani con la chiesa più antica di Celle, il Santuario di N.S. della Crocetta: “mani italiane (!?) avevano installato nella galleria del treno presso la Via Aurelia una potente mina che puntualmente venne fatta brillare dai tedeschi in fuga il 25 aprile 1945, per fortuna senza vittime umane’. Su ‘il Giornalino di Varazze’ Gennaio 2016: ‘Settant’anni di mistero. Silenzio da sempre, o sommessi sussurri riservati, del ’si sa ma non si dice…’.

Come si vede, anzi si legge, è chiara la disinformazione di quanto realmente avvenuto, di cui è testimone chi scrive. ‘Scoppio’, non ‘bombardamenti’! Non ‘serie di mine poste presso la collina’ e non ‘potente mina installata da mani italiane !!!’ ma decine di nicchie scavate dai tedeschi nella galleria e stipate di tritolo. Nessun ‘tafferuglio o rappresaglia’ solo due spari di un cecchino, per un morto ed un ferito! Silenzio per altro per coprire (?) come in effetti la Crocetta sia stata lasciata sola ad andare incontro il suo terribile
destino!

– Eccesso di sicurezza e fiducia nei tedeschi da parte delle autorità e popolazione cellesi, con i quali, pur essedo divenuti ‘nemici’, per tutto il periodo dell’occupazione era corsa reciproca correttezza e buona collaborazione senza nessun screzio di qualsiasi genere?
Anzi, per rapporti personali tra maggiorenti, comitati e autorità cellesi con i Comandanti tedeschi, avvenivano trattenimenti di svago congiunti nel salone delle Scuole Elementari G. Risso (ora Scuole Medie), e pure tempi del cinematografo: di giorno per i tedeschi e di sera per gli italiani. Ai quali tedeschi, sia detto e ripetuto, Guardie di Frontiera di seconda chiamata e non SS, stante l’andamento della guerra, importava solo di riuscire a raggiungere la Germania e le loro famiglie. E totali le assicurazioni di non temere per la Crocetta pur di non creare guai. Qui aggiungendo che se fosse stato per questo contesto, forse la Crocetta si sarebbe salvata…
– Invece è venuta da ‘fuori’ una mano, anzi un dito premuto due volte, a far saltare di brutto questa specie di accordo-assicurazione, e con esso la Crocetta!

– Impreparazione, disorganizzazione a livello locale e provinciale?
Superficialità o situazione sfuggita, con deriva di attività autonome… volute da più in alto…(dai documenti dell’ANPI e di altre organizzazioni non risulta un minimo cenno al riguardo, pur essendo l’evento più disastroso della zona nel periodo della guerra ..!!!) Addirittura paradossale, per l’ironica tragica tempistica – la mattina del Giorno della Liberazione! – e per le poche (non) modalità, a dir poco strane… Questo pur senza voler incolpare alcuno poiché il momento era comunque grave e di grande tensione e pericolo, ma l’avvenuto è quello che si è narrato: con nulla di fatto dopo i due spari. E dunque scoppio, se non propriamente voluto, non certo sgradito da certe aree patriottico-ideologiche dedite ad accentuare, aggravare, anche ferocemente, atti e fatti onde poter maggiormente colpevolizzare la parte avversa (Via Rasella docet, con decine di altri tragici fatti, maggiori e minori, di sangue e di distruzione per tutta l’Italia, specie nel nord. E la stessa galleria di Savona ‘Valloria’ alle 10:30
dell’8.5.1945, a guerra finita, con ben 59 morti e 27 dispersi). Allo scoppio della Crocetta nessuno tra i cellesi. Solo uno tra i tedeschi: lo sfortunato Tenente Winckler che sperava di rivedere presto moglie e figli come riferito dal personale della stazione dove era di guardia…
Questi i fatti, o meglio, i ‘non-fatti’, stante che dopo lo sparo, l’uccisione di uno dei due tedeschi di guardia ed il ferimento dell’altro nulla è stato fatto o/e tentato per salvare la Crocetta! Lasciando campo libero per collegare e dar fuoco alle micce dei detonatori nelle nicchie e far saltare la pove-
ra Crocetta con la sua Chiesetta.
Esplosa, disintegrata, annientata, cancellata per sempre!
Unico reperto rimasto, trova to nel fondo del tratto di mare di fronte, la campana: che batte i rintocchi dal campanile della chiesa dell’Assunta ai Piani.
E ora passiamo agli inquietanti fatti, connessi allo scoppio della Crocetta se non addirittura causa provocatoria…

Chi ha sparato e ha fatto scoppiare il ‘rifugio’?

Veniamo al punto che ha animato lo scrivente per la presente iniziativa, a sfatare che siano stati dei Cellesi far saltare la loro Crocetta!
E che aprono lati oscuri.
Qualche giorno dopo l’uscita del primo numero del nostro periodico (N. 26 APR-GIU 2015) mi giunge la telefonata dell’amico Michele Manzi, valente storico per diletto, a dirmi “Guarda che chi ha premuto il grilletto è venuto da Savona – shock intrattenibile! – Ti manderò alcune righe di come l’ho saputo”. Eccole: ”Parlando sulla questione dell’esplosione della Crocetta, Carlo Russo (avvocato e politico D.C., parlamentare e ministro, e a quei tempi facente parte del C.L.N.) fu meravigliato che si imputasse l’uccisione del tedesco ad un cellese. Lui disse che si trattava di un partigiano non di Celle facente parte di un battaglione di posta sulle alture che aveva il compito di seguire la ritirata tedesca in questa zona della Liguria, e di questo ne era certo perché lo stesso subì un processo successivamente (non per questo episodio) e fu assolto. Mi disse il nome di battaglia, corrispondente a quello di un albero, che per ovvi motivi non scrivo”.
Notizia stravolgente quanto creduto da tutti fino a ieri! E che da oggi liberava i cellesi dall’onta della responsabilità dello scoppio, facendo ammenda ai nomi sempre susurrati dei presunti autori, e non più sentirsi dire che ‘il male i celle si se lo sono fatto da soli’! Ora sappiamo, da fonte sufficientemente attendibile, che della Crocetta si interessavano anche a livello provinciale, C.L.N. o/e altri enti regolari o meno. Non si sa. E nostro malgrado, vien da dire, stante l’av venuto. Ma si sa, d’aver mandato da Savona un tiratore. Che ha sparato, senza far altro, e combinato il
guaio! Lui solo, ’lupo solitario’ ad agire in propria autonomia? Solo o con compagni, e quanti? Magari unitisi ai cellesi discesi da Sanda sullo slargo prospiciente il Convento?

Per verità! Per Celle, per i cellesi e i pochi ‘çellaschi’ d’allora rimasti! E per la Storia!
Testimonianza nel N. 26 di chi scrive: ‘Io c’ero!’

Non sappiamo. Né che osa abbia fatto, lui e gli eventuali altri, fino allo scoppio e dopo. Non sappiamo pure…ma ci pare, non di sapere, bensì di poter dire d’acchito come il ‘tiratore’ non sia stato sicuramente mandato per salvarla, la Crocetta!
Di qui tutte le considerazioni che ci siamo poste e che proponiamo ai Lettori, alla luce di questo nuovo elemento, non come certezze ma come tentativo di verità da tramandare. E con la speranza che qualcuno di essi, cellese-çellasco che sia, ci aiuti con qualche dato o fatto per nostra comprensione dell’incredibile avvenuto e da lasciare alla ‘storia’. Fatti magari non vissuti in diretta, perchè di oltre settant’anni fa, ma sentiti da parenti o da amici.
La shockante notizia ha aperto, non un velo ma una coltre, ad inquietanti domande riguardo allo scoppio del ‘rifugio’, in immediata successione di quello della Crocetta. Di esso, del ‘rifugio’, non s’è mai detto e sentito niente, passato ancor più sott’ordine del primo, già con i suoi lati oscuri! Non s’è però detto che, luogo sicuro dall’alto per i bombardamenti protetto da metri di roccia, era pericoloso dal basso, proprio al suo interno, per materiale bellico nascosto in una ampia e profonda fossa nel pavimento sotto tavolato di legno.
Materiale non sicuramente degli occupanti, che forse nessuno dei rifugiati aveva mai visto, ma che era loro noto di averlo sotto i piedi. Questo saputo da chi scrive, dopo la già citata uscita del primo numero de ‘a Civetta’, per diretto racconto di un ‘rifugiato’ di allora.
E dunque, venuto noto questo particolare (di assoluta sorpresa, imprevedibile…!), appare evidente come il secondo scoppio sia stato quello del materiale bellico trafugato clandestinamente nel ‘rifugio’, facendo botta di cannone nel caseggiato di fronte, con un enorme squarcio della facciata.

 Il tedesco ucciso era più o meno nel punto da dove è stata presa l’istantanea, presso la stazione ferroviaria; il colpo è partito dalla balaustra della costruzione turrita, che è a livello Via Aurelia. In alto si vede la linea di un tratto della Strada Romana-Via Crocetta

Fatto che amplifica le inquietudini sullo scoppio della Crocetta e aggiunge domande a domande.
Ecco le più importanti: “chi ha fatto esplodere il materiale bellico nascosto nel ‘rifugio’?”
“di che cosa era composto tale materiale: solo esplosivo o anche armi manuali: fucili, pistole, mitraglie, bombe a mano, ecc.”
“a che scopo era stato nascosto, per non averlo usato nel tentativo di salvare la Crocetta?”
“perché il materiale bellico depositato nel ‘rifugio’ è stato fatto esplodere immediatamente dopo
lo scoppio, [e non così quello su citato di Savona ‘Valloria’, dopo 13 giorni, ad opera di ragazzini, come
s’è letto, e comunque lasciato (in) colpevolmente incustodito…?” ndr]
“che tracce si sono volute eliminare?” con lo scoppio del rifugio?
“chi aveva nascosto tele materiale?”
“chi sapeva della sua (ir)‘regolare’ esistenza: gruppi partigiani
‘ufficiali’ locali (ma di partigiani‘ combattenti’ cellesi non ne risultavano), il CLN locale e quello provinciale?”
“o qualche gruppo ‘autonomo’ (di appartenenza dello sparatore…)?”
“che cosa ha fatto lo sparatore dopo l’uccisione del tedesco e ferimento al braccio dell’altro: lui con eventuali altri che erano con lui?”
“perché, ucciso uno, e come già detto, il cecchino non è sceso subito alla stazione a finire il ferito e correre alla galleria a immobilizzare e anche ad uccidere il terzo?, sarebbe bastato quel fucile con poche pallottole…”
“che istruzioni-ordini aveva avuto dal suo Comando o aveva invece agito solitario in totale autonomia?”
“e, altrettanto, che cosa hanno fatto i fantomatici ‘partigiani’ discesi da Sanda, per di più se tra essi vi era lo sparatore?”
“perché quelli, con lo sparatore ed eventuali suoi compagni, non hanno preso le armi che avrebbero dovuto esserci nel ‘rifugio’ per qualche operazione preparata o/e colpo di mano di attacco o di difesa
(sennò per che cosa solo ‘saponette’ di tritolo, quadretti di balistite o altra polvere da sparo?)”
“Perché dopo gli spari, o prima ancora, essi, e qualche partigiano dei 100/200 appostati sulla collina (a detta del Berruti (*)…, pochi uomini pronti a tutto (come è poi risultato ci fossero), ad agire a fuoco, corpo a corpo, prese le armi, non hanno neutralizzato i tre tedeschi pressochè inermi e magari senza bisogno di ucciderli?”
“perché…
Si potrebbe continuare ma non vi sarebbero risposte. Solo commenti e supposizioni, con talune notizie venute fuori dopo, per condividere con i Lettori tutte le perplessità su come siano e sono potuti avvenire gli sciagurati eventi proprio il giorno della Liberazione!
Che la causa del disastro siano stati i due spari è indubitabile, e lo è quello che (non) ne è seguito dall’autore degli stessi e di chi era con lui.
Ragioniamo, per quanto si può.
Non potevano essere stati i pochi tedeschi venuti ad azionare lo scoppio e scappare di corsa, stante che non avrebbero dovuto sapere dell’esistenza di tale materiale e, semmai, farlo esplodere prima.
In quei momenti non avevano tempo, e tale scopo era già comunque previsto per lo sbarco degli alleati nell’alto Tirreno, per distruggere i collegamenti stradali e ferroviari e ostacolare l’avanzata delle truppe alleate inglesi provenienti dalla Francia.
Per esclusione, dunque, non poteva che essere stato chi ha sparato con quanti erano con lui.
Chi altri? Domanda, oltre le tante di cui sopra, alle quali non sappiamo né vogliamo rispondere.
Non possiamo però tacere che il ‘rifugio’ era a meno di cento metri da dove è stato sparato e ucciso il
tedesco!
La vicenda resta oscura. Nè si potrà mai sapere nulla di più perché tutti i protagonisti sono passati a miglior vita e perché il grave fatto, e per questo ancor più grave, è stato silenziato subito dall’inizio e tale rimasto, e non vi è cenno in nessun rapporto dei vari enti in campo, il che aggiunge oscurità…
Né si si può e si potrà liquidarlo con un’alzata di spalle e dire che “i cellesi se la son voluta” con implicito riferimento ai nomi dei presunti autori sempre corsi nella vulgata popolare, all’indirizzo dei quali, senza nominarli, pur conoscendone nome e cognome, vogliamo fare pubblica ammenda!
Eravamo arrivati sani e salvi al giorno della Liberazione e credevano che pure la Crocetta era salva!
Lo credevamo tutti, tranne uno: quello che ha sparato!
__________
Ultima domanda, fuori contesto.
Se a chi ha scritto, e dopo quanto ha scritto con senso obiettivo, serenità d’animo e senza posizioni di parte, dovessero chiedergli a caldo la sua personale opinione al riguardo, risponderebbe che la Crocetta è stata fatta saltare apposta!
(*) Giovanni Berruti ‘u Berù’ ge store del distributore di benzina in fondo al paese, Via B. Arecco (Cel-
le L. 24.3.1918 – Savona 1.6.1994).
Operaio in Austria, venuto in licenza a Celle fu assoldato dal Comando Tedesco quale interprete.
Autore di un ‘memoriale’ sulla vicenda e sue vicissitudini personali, scritto a caldo nei giorni successivi allo scoppio. Unica diretta testimonianza mai pubblicata in tanti anni e solo da ‘a Civetta’ nel2015, ai 70 anni dall’evento, in due puntate nei N. 26 e 27, dei quattro dedicati allo scoppio, sino al N. 29.

FINE

Pierino Ratto da A Civetta



FINE

Pierino Ratto da A Civetta

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