Un giorno da non dimenticare

Sembrava un giorno come tanti quella mattina del 16 marzo del 1978 chi si preparava per andare al lavoro, chi accompagnava i figli a scuola; quel giorno cambiò in modo radicale non solo la storia della democrazia cristiana ma anche quella del nostro Paese, fu rapito il Presidente della democrazia cristiana Aldo Moro.
Chi visse il giorno del rapimento di Aldo Moro e dell’assassinio dei cinque componenti della scorta, i carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci e gli agenti di Polizia Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino, non lo ha certamente dimenticato. Fu un giorno che sconvolse l’Italia, aldilà delle differenze politiche l’azione di stampo militare delle Brigate rosse ci fece comprendere la fragilità della nostra democrazia un “buco nero” della nostra contemporaneità, la conclusione tragica di un decennio di violenze, attentati, morti.
Ma chi era Moro? Dal 1959, anno in cui divenne segretario della Democrazia cristiana, al 1978 Moro fu uno dei più importanti uomini politici italiani. Presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, rappresentò il Paese nel mondo; ma soprattutto fu colui che maggiormente contribuì a dare forma all’avvicinamento politico tra Dc e Pci.
Ancora oggi dopo più di quarant’anni resta una ferita aperta che mantiene ancora molti punti oscuri; una vicenda non ancora chiarita nei suoi punti salienti.
False piste, depistaggi portarono dopo 55 giorni di prigionia alla morte del Presidente. L’uccisione dello statista segnò la fine del cosiddetto “compromesso storico”, l’avvicinamento tra Dc e Pci, di cui Moro era stato uno dei grandi fautori.

Roberto Paolino

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