Momento catartico

E sì, il momento è catartico. Mentre c’è chi come fra i residui del” Patto per Savona” è alla ricerca del nuovo salvifico partito di sinistra, altri giustamente, si pongono dubbi sull’andamento della produzione locale e di aziende pur sane, ma con poca prospettiva territoriale.
Il punto però è che il rilancio e la prospettiva di imprese ed in generale della iniziativa economica, sono viste dentro una collocazione comprensoriale (giusta),ma per iniziativa di chi ne è proprio parte in causa.
L’occasione è data dalla situazione della Piaggio che produce aerei e droni. Ho qualche perplessità a concordare, poiché il modo è vecchio e le argomentazioni contrastano con la realtà.
Chi è all’origine di questa crisi anche solo territoriale? Ognuno avrà una opinione.
Serve una visione non di dettaglio, ma ampia. Cosa è successo e succede alla Piaggio è frutto di scelte nel tempo dove il liberismo ci è caduto addosso come una iattura e capirlo è essenziale per non infilarci nella demagogia stucchevole.
Se per continuare a vivere la Piaggio deve produrre aerei di lusso personali per ricchi e droni per ricerca e controllo militari (quindi dipendendo da commesse governative) questa è una strada senza sbocco. Non serve al territorio in sé e mette contro interessi di altre nazioni.
Nel caso migliore produce possibilità di conflitti e differenziazioni importanti della vita sociale. Nel caso peggiore la famosa concorrenza sposata come meraviglia liberista, nell’accezione confindustriale, distrugge parassitariamente capacità imprenditoriali, sapere e assorbe investimenti per essere attraverso finanziarie o delocalizzazioni.
Il criterio che guida quella produzione è l’efficienza e la redditività e se per mantenerla o aumentarla serve cambiare il modo, il vertice lo farà, non c’è morale etica che tenga. Questo è da sempre il cavallo della dx , di Bonomi, ma anche purtroppo di quote importanti di partiti e di cultura di sinistra.
Il mercato regola e stabilisce le sue leggi inesorabili a favore o contro, quasi asettico, senza coinvolgimenti romantici di classe operaia e competenze ingegneristiche.
Allora la buttiamo a mare la difesa d’ufficio produttiva della Piaggio?

Certo non lo affermo, ma vorrei mettere altri occhiali e prestarli a chi vuole per provare a vedere “altro”, uscire da questa narrazione interessata

Primo problema chi deve fare questa progettazione? Le istituzioni preposte, la politica!  Ma parliamo proprio di chi da decenni ci conduce passivamente dentro territori devastati senza attenzione, di regole sbagliate e controlli non fatti, di istituzioni e centri di piccolo / grande potere nemici della collettività che usano la burocrazia anche tecnica per mantenere lo status quo.
Siamo territorialmente pieni di centri commerciali, di cementificazioni produttive poi abbandonate di scelte agricole sbagliate, che non mi pare abbiano risolto nulla.
Ma allora cosa serve alla popolazione residente?
Questo è il mistero relativo e insieme alla grande assente, cioè la democrazia della consultazione e del dialogo collettivo e da decenni fermo e spento in ogni manifestazione. La pandemia sta dando il colpo di grazia. Perché fra chi decide sarebbe elementare organizzare forme istituzionalizzate di confronto, una volta c’erano i cosiddetti tavoli sindacali, oggi svaniti o silenziati per sapere cosa serve, quali aspetti vorreste valorizzare, come pensate di risolvere la vita territoriale, oggi è necessario vedere con ampiezza ai bisogni ed alle possibilità reali.
Dissesto idrogeologico, forme di energia sostenibile, mobilità e trasporti consapevoli, sanità diffusa e territoriale, agricoltura a km zero e biocompatibile, difesa dei beni comuni come l’acqua (ancora oggi il 40 % circa anche a Savona viene perso nelle tubazioni logore), ecc, ecc.
Questi argomenti, che messi così sono certamente generici, nonostante molte ricerche ferme sui tavoli dei comuni ed istituzioni del CNR, di associazioni, dei sindacati, delle Università in cui si trovano dettagli concreti utilissimi, non hanno menzione sui media.

Non solo, ma nella “dichiarazione di zona di emergenza economica”(fino ad oggi inutilizzata) si parla ancora in senso individuale delle varie industrie locali in crisi(Bombardier, Sneidher, Mondomarine e tante altre, comprese banche che ristrutturano e grandi aziende commerciali come Carefour, Conad, ecc).
Sta crollando un mondo costruito su sovrapproduzioni e commercio globale determinato dalla finanza internazionale.
La soluzione classicadella politica è rivendicare fondi per salvare e ripristinare eventuali buchi di bilanci in perdita. Questo nonostante scelte scriteriate e risorse spese male in mille situazioni, dalle varie partecipate comunali a enti succhia-soldi inutili.
E’ un modo di pensare e agire particolare che ragiona sulle merci, sugli edifici, sui bilanci, non a partire dagli umani che in quei posti sono i soggetti davvero in crisi e da un territorio che ad ogni chiusura viene devastato nel suo insieme, cambiando sino nell’intimità quotidiana i comportamenti di massa nei borghi, nei quartieri.
Non ho una soluzione immediata, tanto meno consiglio un generico” speriamo” nelle istituzioni esistenti, poiché sono parte in causa dei problemi.
Credo che essa si trovi dentro il cambiamento stesso degli abitanti del territorio da Savona alla Valle Bormida, se decideranno di smettere di delegare e si riprenderanno l’attenzione necessaria, cioè ricominciando a parlarsi, a collegarsi alla storia sana e confrontarsi, poi si vedrà quale sintesi.
Seminare illusioni mi pare sbagliato anche da parte di chi è in buona fede.
Il liberismo in generale ci ha accompagnato.  Da persone ci ha trasformati in “consumatori” perché il sistema ne aveva bisogno ed ora con il Covid abbiamo la mazzata decisiva, il liberismo abbracciato da tutti i partiti che sostengono Draghi e senza analizzare “come” vogliono spendere i soldi dati dal condizionamento Europeo crea aspettative e illusioni.
Ed è su questo che si è formata una uniformità di concetti che unisce da dx a sx tutti i partiti esistenti con poche differenze, mentre cantano l’alleluia al PIL che sale, ma che, da nessuna parte significa benessere sociale. Come le merci prodotte, dal mattino alla sera possono diventare inutili, obsolete le persone, le zone e sacrificabili ad un più “alto interesse” nazionale o meglio ancora globalizzato.
La storia dovrebbe insegnarci che senza una collettività cosciente e approfondita non c’è futuro, chi ha in mano il pallino economico non ha scrupoli.

 Gianni Gatti

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