LETTERA APERTA AL QUESTORE DI SAVONA

LETTERA APERTA AL QUESTORE DI SAVONA
Savona, 17 dicembre 2013
Egregio Signor Questore,
sono un comune cittadino, e solo casualmente la mia principale attività è quella di collaboratore per Il Secolo XIX. Questo mio messaggio è dunque espresso a titolo personale.
Non ho mai provato simpatia per le manifestazioni pubbliche…

non importa di quale colore politico e per quale più o meno legittima rivendicazione, che danneggiano la collettività invece di coloro contro i quali sono – o si dicono essere – dirette.

    Ebbene, così come moltissimi savonesi ho subito gli effetti dell’iniziativa di quanti, riuniti in maniera più o meno coesa sotto l’etichetta dei “Forconi”, hanno sconvolto per lunghe ore, in diversi frangenti nel corso della settimana passata, l’ordinato svolgersi della vita di migliaia di persone e della Città nel suo complesso: un’iniziativa che non solo dal punto di vista etico, ma pure col Codice Penale alla mano, può ben chiamarsi criminale. Preferisco, per ragioni di brevità e di pudore, rinunciare ad esprimermi sulla moralità dei capipopolo che hanno scatenato l’operazione e sull’intelligenza dei loro seguaci, nonché sulla capacità critica dei tanti che, fra la gente comune, hanno creduto nella bontà dell’iniziativa.

    Non riesco però a reprimere – mi perdoni – un giudizio severo circa il contegno delle Forze dell’Ordine in questa occasione. E prima di proseguire La prego di credere che io, a differenza di tante persone indifferenti, non solo rispetto, ma ammiro chi serve lo Stato in uniforme; e l’inno nazionale e la bandiera li conosco e li amo fin da bambino e non da quando, una settimana fa, qualche delinquente semianalfabeta mi ha incitato a scendere in strada usurpando questi sacri simboli.

    Parlavo dunque d’un giudizio severo. Sì, perché, nonostante tutte le pubbliche rassicurazioni pervenute da parte di funzionari della Polizia di Stato circa il fatto che l’ormai celebre gesto del “togliersi il casco” sia una modalità operativa priva di connotazioni morali, e nonostante che, nella nostra Città, questo specifico comportamento non abbia avuto luogo, appare comunque a luce meridiana che il trattamento riservato dalla forza pubblica a chi si è arrogato il diritto di sostituirsi ad essa è stato molto, molto morbido. Oserei dire – mi conceda l’ironia – morbido come una brioche.

    A proposito del quadro generale la giustificazione è stata che una presenza discreta del personale ha potuto tenere sotto controllo la situazione prevenendo un infausto scontro frontale: sarà, ma la conseguenza è stata che per ore e ore, di giorno così come in piena notte, la feccia ha fatto il bello e il cattivo tempo vessando i buoni cittadini che dovevano lavorare, andare dal medico – penso soprattutto agli anziani con problemi di movimento, che chiedono un passaggio a figli e nipoti -, occuparsi dei bambini, fare spesa, rincasare. Le garantisco che vedersi sbarrare la strada da quei gruppuscoli manda il sangue al cervello, e da simili incontri possono derivare conseguenze molto più infauste di quelle prodotte da un intervento del Reparto Mobile.

    Per quanto riguarda invece lo specifico episodio del sacchettone di cibarie praticamente consegnato a domicilio da una pattuglia della Stradale, non riesco a dire altro se non: sogno o son desto? E veramente spero che sia stata solo la concitazione di quei momenti a farLe sfuggire di bocca le giustificazioni riportate dal mio giornale: un gesto di cortesia verso un amico! Abbia pazienza, ma Lei riesce a immaginare il capo della polizia di una qualunque città straniera del mondo civile dare una spiegazione del genere? Ci si aspettava magari una risposta di circostanza, una generica promessa di fare piena luce sull’accaduto, se non proprio l’annuncio di un procedimento disciplinare accompagnato da scuse per una simile ombra sul requisito di affidabilità che una forza di polizia deve per natura possedere.

    Vorrei poter confidare, da cittadino, da laico credente nella legge e nell’ordine nonché da autentico ammiratore della Vostra professione, in un cambio di direzione per l’avvenire.

Buon lavoro a Lei e ai Suoi uomini.

Distinti saluti.

           Ario Levrero

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