“Fiaba tragica L’ultimo arrivato è Dotto-Martina, mentre Zingaretti è Mammolo”

“Magnifici” è difficile definirli. E se fossero Sette fratelli farebbero fatica a trovare Sette spose. Dunque rimangono i Sette nani. Metafora abusata, ma mai più adeguata: a luglio l’Espresso definiva così i leader del Pd. Ironia della sorte, ora i candidati alla segreteria sono proprio Sette. Troppi per lo spazio politico a disposizione. Ma nel Big bang del renzismo, del Pd, del centrosinistra, i sette sono troppo pochi, per soddisfare tutti.

Cucciolo c’è: Dario Corallo, 30 anni, ciuffo da ex Fgci fuori tempo massimo. Abbastanza démodé da fare una tesi su Marx e Gramsci e frequentare poco i socialmedia. Assomiglia a un liceale simpaticamente “cazzone”. Abbastanza sveglio da guadagnarsi la ribalta attaccando Burioni. E poi, se Dotto invece di un anziano fosse un giovane? Sarebbe Maurizio Martina, che si fregia di portarsi dietro – tipo croce e delizia – l’eredità del partito madre e padre. Durante la sua candidatura, c’erano pure i simboli del Pci.  Sarà per l’atteggiamento old style, “fedele alla Ditta” prima di tutto, che Graziano Delrio (uno che passa per Grande Saggio) sta cercando di convincere Matteo Richetti ad affiancarlo. Lui in questa storia sarebbe Brontolo: perennemente in conflitto con la realtà costituita, sempre in movimento (con “Harambee” gira come una trottola da mesi), pronto a rimettere in discussione rapporti e situazioni. Il primo renziano dei renziani con l’ex premier ha rotto e ricomposto decine di volte, ma una cosa è chiara: non è il suo candidato.

Non fosse altro che è il più anziano di tutti Gongolo è Cesare Damiano: provenienza Fiom è sopravvissuto al Jobs act e alla finedel rapporto privilegiato tra Pd e Cgil. È ancora abbastanza vivo da lanciarsi in una corsa poco chiara. Ce n’è da gongolare.

LICENZA poetica per i due favoriti, almeno sulla carta. Marco Minniti ricorda Eolo: pronto a trattare con le tribù libiche, facendo e disfacendo. E poi, le correnti del Pd” non solo provocano spifferi pericolosi, ma pure allergia “persistente: chi sa come se la caverà in mezzo a loro uno abituato a maneggiare servizi segreti e ras libici. Tutt’altro carattere, Nicola Zingaretti, governatore del Lazio: con la tendenza a rimandare, a soppesare, a sfuggire alle sfide che gli sembrano eccessive o poco compatibili, è un po’ Mammolo. L’espressione sempre gentile e lo sguardo perso davanti ai conflitti ina- spettati fanno il resto.

A QUESTO punto rimangono un nano e un candidato: Pisolo e Francesco Boccia. L’irruenza strategica del deputato barese, colonna della Commissione Bilancio, non ricorda il sonno. E però, c’è un dato: ogni tanto si eclissa, studia la situazione, e poi riemerge. “Caro a Letta, si avvicinò a Renzi, poi tornò da Emiliano, amico nemico.

La palla è ai Sette nani. E al congresso del Pd. E se Biancaneve si risveglia troppo presto? E no, non si tratta di Maria Elena Boschi, o Teresa Bellanova, o la donna che non c’è. Licenza poetica. Stiamo parlando di Matteo Renzi.

WANDA MARRA Fatto quotidiano

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