Codacons “sacchetti bio a pagamento: denunciali!”

Sacchetti biodegradabili –
CODACONS “SACCHETTI BIO A PAGAMENTO: DENUNCIALI!”
L’argomento dei sacchetti biodegradabili continua ad occupare pagine di giornali, evidentemente per i cittadini ed i consumatori italiani stremati da tasse e balzelli vari, aggiungere un ulteriore imposizione, anche se di pochi centesimi di euro, sulla spesa di tutti i giorni è veramente poco sopportabile. Ricordiamo sempre che l’Europa… 

non ha chiesto di fare pagare i sacchetti biodegradabili, ma che per disincentivare l’utilizzo di quelli non biodegradabili potessero essere previste anche misure di tipo economico.

In questo caso si può ben dire che NON CE LO HA CHIESTO L’EUROPA di fare pagare i sacchetti bio.

I sacchetti biodegradabili e non per il confezionamento della frutta e verdura, come i diversi materiali per il confezionamento di altre tipologie di generi alimentari (salumi, formaggi, alimenti da asporto, bibite, ecc.) dovrebbero essere considerati imballaggio per la vendita o imballaggio primario, cioè l’imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto vendita, un’unità di vendita per l’utente finale o il consumatore…LEGGI

Una lattina ed il suo contenuto, come una confezione di biscotti ed i biscotti ivi contenuti, sono un’unità di vendita unica per il consumatore, a nessuno verrebbe in mente di scindere il prezzo della confezione da quello del contenuto.

E’ altrettanto poco pratico acquistare dei pomodori o delle ciliegie separati dal proprio imballaggio primario ossia un sacchetto (di plastica o di carta), che pertanto dovrà essere conteggiato nel prezzo di vendita del prodotto, costituendo un unità di vendita unica per il consumatore.

Un po’ diverso per quell’ortofrutta la cui buccia è non edibile, per cui applicare l’etichetta direttamente sulla buccia non costituisce verosimilmente nessun rischio per la salute. Ad esempio un ananas può essere acquistata apponendo l’etichetta di pesatura direttamente sull’etichetta già presente sul frutto.

Il supermercato Ekom di Varazze per le clementine, vista l’incertezza, essendo poco pratico etichettarle una alla volta, pur avendo buccia non edibile, si è attrezzato con i vecchi sacchetti di carta.

 

Probabilmente i nostri governanti, di cui al precedente articolo “La coop sei tu?”, sono poco avvezzi ai problemi che la maggior parte dei comuni cittadini, tutti i giorni, devono affrontare.

Secondo l’articolo pubblicato sul Secolo XIX del 08-01-2017, anche qui in provincia di Savona è presente un’azienda produttrice di sacchetti bio la Mecpast Srl di Valleggia (Quiliano) con una capacità produttiva fino a 400 milioni di pezzi all’anno. L’azienda è guidata da Christian Pavone il quale si dichiara esterrefatto dalle polemiche che si sono venute a creare e “ci si dimentica che le nuove norme hanno bloccato l’utilizzo massiccio dei sacchetti prodotti in Cina e Vietnam, a volte con materiali a rischio e quindi a prezzi che le aziende europee non avrebbero potuto permettersi.” Il problema sembrerebbe essere quindi soprattutto commerciale e non ecologico, le aziende europee non sono in grado di sopportare la concorrenza asiatica, ed in Italia si è pensato furbescamente di scaricare questo problema commerciale sul povero consumatore. Ricordiamo nuovamente che l’Europa non ha chiesto che i sacchetti bio debbano essere a pagamento.

 
Christian Pavone (foto Secolo XIX)

Secondo il manager, al supermercato il sacchetto costa 5 centesimi di euro, che moltiplicato per 400 milioni fa la bella cifra di 20 milioni di euro che l’azienda di Pavone potenzialmente potrebbe fatturare ogni anno con l’affare dei sacchetti bio.

Alla povera vecchietta con la pensione minima o al povero disoccupato si ha però il coraggio di chiedere di rinunciare anche ad un caffè ogni due mesi per fasciare generi alimentari di prima necessità.

Se poi per di più i vecchi sacchetti erano realizzati con materiali a rischio, sarebbe da specificare quali erano questi materiali e se questi materiali avevano i requisiti per essere commercializzati o meno nell’Unione Europea, altrimenti si potrebbe essere di fronte a qualche tipo di illecito eventualmente da denunciare.

Per il Sole 24 Ore del 2 gennaio 2018 la nuova norma “serve soprattutto a promuovere l’industria italiana, leader nella produzione di plastica biodegradabile, invenzione italiana invidiata nel mondo”. La norma ha quindi primariamente una valenza economica, l’ecologia viene in secondo piano. Tra i possibili effetti negativi l’articolo del Sole 24 Ore evidenzia che “la convinzione che il prodotto biodegradabile non abbia impatto ambientale può dare ai maleducati una giustificazione per gettarlo nell’ambiente, affermando che tanto sparirà. Non è vero: il sacchetto biodegradabile sparisce in tempi brevi solamente nelle condizioni appropriate, come quelle degli impianti di compostaggio.”

Bisogna notare che a tale riguardo il Codacons ha avviato la campagna “SACCHETTI BIO A PAGAMENTO: DENUNCIALI!” per un’azione collettiva di tutela dei propri diritti di consumatore.

Al seguente collegamento i riferimenti liguri dell’associazione….LEGGI

I sacchetti biodegradabili faranno prevedibilmente ancora scrivere molte pagine di giornale.

 

 

Leggere anche dal SECOLOXIX…

 Sacchetti di plastica, fra bufale e caos la legge rischia l’autogol

 

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