Lutto

Ha chiuso gli occhi nella Casa di Cura Rossello di Savona
E’ morto Lino, ex albergatore e artigiano
L’unico abitante a Monesi di Mendatica 

Mendatica – Lino Porro, 74 anni, l’ultima “aquila” umana che presidiava la vecchia Monesi di Mendatica,  360 giorni l’anno, ha chiuso gli occhi e ci ha lasciato. Il suo cuore  robusto e generoso non batte più. Era l’unico abitante di quella che è stata per decenni dimora estiva di pastori e trasformata, senza molta fortuna dagli anni sessanta, in “satellite” della nuova Monesi di Triora.

L’addio a Lino, venerdì 5 marzo, alle 15, nella chiesa parrocchiale di San Nazario e Celso.  La tumulazione nel camposanto  del paese dove riposano i genitori: Giovannina Roggio e Gio Batta Porro, più conosciuto per “Bacì di Stecchi”, a lungo memoria storica e punto di riferimento proprio della vecchia Monesi, avendo esercitato la pastorizia come altri mendaighini.

Il figlio Lino era diventato un protagonista della svolta storica della piccola frazione. Nel 1974 diede vita al primo e unico albergo, La Capanna, gestito con la moglie Rosella fino al 1990. Un investimento, un impegno, sull’onda di uno sviluppo turistico-ricettivo (sia estivo, sia invernale) dato inizialmente per scontato e alla fine rivelatosi una “trappola”.

Titolava un quotidiano ligure nell’agosto 1988:  <L’amaro declino di Monesi, la piccola Sestriere della Alpi Marittime- Coinvolta tutta la Val Arroscia. Non si riescono a vendere case e condomini comprati negli anni ruggenti. Crollato un mito assieme a quello dei banchieri Galleani che avevano valorizzato la zona. I villeggianti sempre più rari, le montagne si spopolano>. Altro titolo significativo: <Dopo 32 anni do onorato servizio persino la seggiovia è diventato un ferro vecchio>.


Due immagini di Monesi che risalgono a fine anni novanta. L’albergo La Capanna era ormai chiuso

E Lino Porro, il mendaighino albergatore-artigiano, tenace e coerente, così si sfogava con cronista del Secolo XIX, Daniele La Corte: .

L’albergo-ristorante La Capanna, dal 1990 al 1995, era andato avanti con la gestione della sorella Amelia Porro e del marito. Anche loro hanno dovuto gettare la spugna.

Ma Lino Porro che a Monesi era cresciuto da bambino, dove papà trascorreva molti mesi della sua vecchiaia, peraltro attivo e sempre disponibile finché le forze non sono mancate, ha combattuto da “solitario abitante montanaro” gli ultimi anni della sua esistenza. Combattente e soprattutto gran lavoratore, da sempre.

Ad Andora, insieme ad un cognato, aveva creato un’impresa artigianale di idraulica. Erano gli anni del boom edilizio della cittadina rivierasca e il lavoro non mancava. Interi palazzi della nuova Andora hanno visto protagonista proprio la maestria di Lino. Aveva pure un alloggio, però la sua dimora, la sua residenza, era l’immobile che ospitava l’albergo La Capanna.

Lui a “presidiare”, a prodigarsi nella vecchia Monesi di Mendatica, anche quando gli ultimo foresti o i pochi “residenti fittizi”, tornavano in Riviera. Nei “giorni da lupi”, Lino restava tra le mura di una “creatura” alla quale era legatissimo e, in cuor suo, rimaneva un lumicino di speranza. Forse un giorno si sarebbe potuto riaprire l’albergo, forse il rilancio di Monesi turistica diventava realtà. Non più un sogno.

Un uomo fiero, burbero come sanno essere a volte i montanari, con un cuore d’oro, altruista e disponibile, come molti ricordano.

Non risparmiava neppure critiche a coloro che, a suo dire, erano diventati “complici” del disastro della località e, a ruota, dell’intera vallata. Lino non aveva peli sulla lingua e si sfogava. Ne aveva diritto, forse più di ogni altro, in considerazione della dedizione e della coerenza che lo legava alla sua terra, ai suoi valori, alla sua storia. Alla speranza di un futuro meno avaro.

Lino ha concluso il proficuo e meritevole cammino di vita in una camera della Casa di Cura Rossello di Savona, dopo una breve permanenza all’ospedale di Albenga per una patologia che non lascia scampo.

E’ stato assistito, con amore, cura, dedizione, dalla moglie Rosella che abita ad Andora, dal figlio Carlo (pure lui artigiano), dalla nuora Paola Menini, neo consigliere comunale di opposizione proprio a MendaticaLino ha lasciato pure l’adorato nipotino, Giulio, di 4 anni.

Caro Lino, i mendaighini ti ricorderanno per lo straordinario esempio di attaccamento alla nostra Monesi, ai “tecci” dei nostri avi. Quando l’esaltazione dei valori, del sacrificio, l’attaccamento alle tradizioni, rappresentavano una caratteristica che ci distingueva. Tutti, emigranti compresi.

Oggi gli amici e gli estimatori ti piangono, assieme alle tue sorelle Amelia, Ivana, ai loro cari. Ciao Lino, siamo orgogliosi di accompagnarti all’ultima dimora, fiduciosi, da credenti, che ci rivedremo. La vecchia Monesi ti saluta e ti ringrazia per tutto ciò che hai fatto. Ti chiede scusa per i dispiaceri che involontariamente ti ha dato. Hai tutti i titoli di entrare nella storia per essere sempre rimasto al tuo posto. A testimoniare, conservatore ed interprete dello spirito indomabile di una razza che ha vissuto le vicende drammatiche di due guerre, le dure lotte di sopravvivenza. Le case di pietra, su vecchie cartoline, ci ricordano e “raccontano” la nostra comunità.

Con la tua partenza, caro Lino, la nostra Monesi perde l’ultimo testimone della sua  identità. Un punto di riferimento. Ci mancherai davvero!

Luciano Corrado


Una fotografia dei primi anni settanta, con l’immobile, allora “solitario” dell’albergo La Capanna di Monesi di Mendatica.


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