Dallo strapotere ai fischi. La parabola dem genovese

Tu-tu-tu. Suona libero il centralino del Pd di Genova. Il pomeriggio capita spesso. È un segno: una volta Salita San Leonardo –sede del Pci –era il centro del potere genovese.

Più del Municipio. Oggi il Pd ha lasciato la vecchia sede. È arrivata la cassa integrazione anche per ex pezzi grossi: Mario Tullo, ex parlamentare, e Stefano Bernini, vice- sindaco con Marco Doria.

ERANO gli anni ’90 quando un segretario genovese del Pds indicando un passante sentenziò: “Se voglio, lo faccio diventare sindaco!”. Oggi il Pd in Liguria è poco più di una sigla sulle porte dei circoli. Il Partito ha perso tutto: è cominciato dalla Regione. Poi Savona, Genova, La Spezia, infine Imperia. Un rosario.

Ammette Alessandro Terrile, ex segretario genovese e oggi in consiglio comunale: “Dei comuni con più di 15mila abitanti ci sono rimasti Ventimiglia, Sanremo e Sestri Levante”.

E oggi, che non si sa chi comanderà, la gara è per nascondersi più che per emergere.

I renziani sono capitanati da Raffaella Paita, pasdaran dell’ex grande capo e di Luca Lotti, che è approdata in Parlamento, e da Franco Vazio. L’avvocato che nella passata legislatura sedeva alla commissione Giustizia che doveva decidere sul trattato di estradizione con gli Emirati dove erano fuggiti suoi ex assistiti.

Le truppe di Nicola Zingaretti hanno arruolato gli scontenti del renzismo. C’è anche, ma defilato, Andrea Orlando (che ai tempi di Renzi fu candidato fuori della sua Liguria). Si è avvicinata Roberta Pinotti, prima bersaniana, poi franceschiniana, infine renziana quando era ministro.

Il punto è che il Pd era diventato soprattutto una cosa: potere. Secondo il mantra di Claudio Burlando, per venticinque anni dominus del Partito a Genova, che sognava una coalizione a 360 gradi. Dentro tutti: nella sua associazione Maestrale sedevano i responsabili di Asl, università, teatri. Camalli e imprenditori portuali, come dire diavolo e acquasanta. Stavano tutti dalla stessa parte, perfino la Curia di Angelo Bagnasco cui Burlando offrì un posto nella fondazione Carige. Nacque un’alleanza che andava d all ’Udc a Italia dei Valori, imbarcando sinistra e post fascisti.

Intanto il bubbone si gonfiava: le inchieste portarono in manette due vice-presidenti della Giunta, quasi metà consiglio fu indagato. Ma soprattutto la Liguria era in piena crisi: disoccupazione record, industrie che chiudevano, la banca Carige a un passo dal disastro, cementificazioni e alluvioni. Il Pd andava avanti come il Titanic, i vertici non cambiavano. Alla fine è arrivato l’iceberg. “Il Pd era in crisi in tutta Italia”, si difende qualche ex dirigente. Ma la Liguria è stata l’avamposto. Il presente è stato fotografato al funerale delle vittime del ponte: assenti, saggiamente, i vertici degli anni d’oro, ecco Maurizio Martina coperto di fischi. E adesso? Bisogna campare. Così, oltre a chi è finito in cassa integrazione, si racconta di ex dirigenti che sognavano il Parlamento e si sono reinventati agenti immobiliari. E poi ci sono le sezioni, pardon i circoli, che sono ancora 60, ma non li riconosci più: a Sestri Ponente nella storica sezione Boido Longhi una volta si raccoglievano 8mila iscritti (a Genova nel Dopoguerra erano 47mila). Oggi siamo a 170 e in Liguria a 4mila. Con apparenti paradossi: alLagaccio, quartiere operaio, domina la Lega. Il Pd resiste nella borghese Castelletto.

IL PARTITO è partito? “No”, assicura Alberto Pandolfo, 33 anni, segretario provinciale alla guida di una squadra di trentenni, “Aspettiamo il congresso, ma ci impegniamo per l’emergenza ponte”. Intanto la destra di Giovanni Toti mette radici. Prendete l’imprenditore portuale Aldo Spinelli, finissimo nel fiutare il vento: dopo anni con Burlando è passato con Toti.

Ma l’opposizione esiste? “La vicenda del ponte e la necessaria unità che impone, rendono difficile una critica decisa delle amministrazioni”, sostiene Terrile, “Il sindaco Marco Bucci non ha risolto i nodi di trasporti, servizi pubblici e rifiuti”. Come dice Mario Margini, oggi presidente della Fondazione Ds Liguria (che ha una cinquantina di immobili): “In Liguria abbiamo governato tutto. Eravamo ovunque. Oggi manca una cultura di opposizione”. Il Pd con il potere pare aver perduto la sua ragione sociale.

Ma proprio questo potrebbe far emergere figure finalmente nuove.

Intanto Burlando, come Napoleone, si è ritirato in esilio a Torriglia. Cerca funghi nell’entroterra. Proprio lui che anni fa ogni lunedì sera si ritrovava in un ristorante di Genova per le famose serate di scopone: intorno tutto il potere cittadino, finanzieri e armatori.

Oggi sono passati con Toti e Burlando gioca a scopone nell’osteria di Torriglia.

Ferruccio Sansa da il Fatto Quotidiano

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