Val Bormida tra inceneritore ed eolico: un territorio sotto pressione

Val Bormida. Che la Valle sia da decenni terra di sperimentazioni e sacrifici ambientali non è una novità. Ma oggi la pressione sembra tornare con doppia forza, tra l’ipotesi sempre più insistente di un termovalorizzatore e il contestato progetto del parco eolico al Bric Surite.

Sul fronte rifiuti, la Regione Liguria continua a muoversi con passo incerto. Da mesi il presidente Bucci ripete lo stesso mantra: “Serve un Comune che si candidi”. Ma nessuno, né nel Genovese né nel Savonese, sembra voler raccogliere la sfida di ospitare l’impianto. A Scarpino si ragiona, in Val Bormida si trema: Cairo e Cengio figurano da tempo tra i siti “papabili”, ma la risposta dei sindaci resta un “no” compatto. Intanto i comitati si organizzano, come il Coordinamento No Inceneritore che ha annunciato nuove assemblee pubbliche: “Servono dati, non slogan”, dicono. Il rischio, però, è che la partita resti sospesa fino a quando non arriverà un’imposizione dall’alto.

Non basta: mentre si discute di rifiuti da bruciare, la Val Bormida deve affrontare anche l’ennesimo capitolo energetico. Altare, Cairo e Mallare hanno deciso di ricorrere al Tar contro l’autorizzazione regionale al parco eolico Bric Surite, sei nuove pale da 4,5 megawatt l’una, più una maxi sottostazione a Mallare, proprio in zona esondabile. I sindaci contestano l’impatto paesaggistico e idrogeologico, ma allargano anche il discorso: “Savona produce già quasi il 90% dell’energia eolica ligure. Possiamo continuare a essere la pattumiera o la batteria della Regione?”.

La sensazione è che la Val Bormida venga sempre chiamata a “risolvere i problemi degli altri”: ieri l’industria chimica, oggi i rifiuti e l’energia. La differenza è che oggi la popolazione sembra meno disposta ad accettare in silenzio. Le prossime settimane diranno se l’opposizione dei Comuni e dei comitati riuscirà a fermare o almeno ridimensionare i progetti. Ma intanto resta l’immagine di un territorio che non riesce mai a liberarsi dal ruolo di retrobottega sacrificabile della Liguria.

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