Un panorama che toglie il fiato, una storia che lascia l’amaro in bocca. La collina che domina il porto di Vado Ligure, 503 mila metri quadrati di verde, boschi e uliveti, resta senza padrone. Anche l’ultima asta fallimentare, convocata davanti alla giudice Paola Antonia Di Lorenzo, è andata deserta. Nessun imprenditore ha voluto o potuto scommettere su questo pezzo di Liguria, sospeso tra tutela ambientale, appetiti edilizi e vecchie promesse di sviluppo.
Il Tribunale di Savona riproverà entro fine anno, abbassando la base d’asta sotto i 200 mila euro, nel tentativo di rendere “appetibile” un bene che però, sulla carta, non si può toccare. L’area, infatti, è vincolata dal Piano regolatorecome zona APN – agricola di protezione naturale, e la normativa regionale (PTCP) la individua come ambito Ani-Ma, in cui è vietata qualsiasi edificazione, in particolare quella residenziale.
Eppure, la parola “vincolo” in Liguria non è mai bastata a placare i sogni di chi vede in ogni collina una possibile rendita.
Non a caso, già negli anni Duemila si era parlato di una “Cittadella dello sport”, un progetto da 200 miliardi di lire firmato da Benedetto Piro, allora presidente del Savona Calcio. L’idea – campi, hotel di lusso, residenze e congressi – sembrava uscita da un depliant patinato. Ma tra carte bollate, pareri contrari e il fallimento della Geo Sviluppo Immobiliare Italia srl (società dell’imprenditore albenganese Andrea Nucera), tutto si è fermato al livello dei rendering.
Oggi la collina guarda dall’alto una città che è cambiata. Sotto di lei, il porto commerciale e la piattaforma Maersk si sono allargati, l’area industriale ha divorato metri di costa, mentre il verde è rimasto confinato sui versanti più impervi. È lì che resistono lecci e corbezzoli, testimonianza di un paesaggio mediterraneo sempre più raro.
Proprio per questo le associazioni e le forze ecologiste si sono fatte sentire.
Europa Verde e Sinistra Italiana parlano chiaro: “Quell’area va difesa e valorizzata, non svenduta. È un corridoio ecologico che collega le Zone Speciali di Conservazione di Bergeggi, un patrimonio naturalistico e paesaggistico che Vado non può permettersi di perdere”.
Gli ambientalisti ricordano anche il vincolo post-incendio del 2017, che vieta qualunque edificazione per 15 anni.
In sostanza, per i prossimi sette anni nessuno potrà muovere una ruspa.
Ma il rischio, denunciano anche dal gruppo consiliare “Vivere Vado”, è che un’asta con base così bassa possa risvegliare i soliti appetiti: “Non abbiamo dimenticato la Cittadella dello sport e la complicità dell’allora amministrazione. Non vogliamo altri affaristi di passaggio pronti a speculare sul nostro territorio. È tempo che la comunità vadese decida da sé il futuro di quella collina, con un nuovo Piano Regolatore partecipato e trasparente”.
La collina di Vado, insomma, non è solo una questione immobiliare. È il simbolo di un bivio: tra il passato industriale che ancora incombe e un futuro sostenibile che fatica a decollare.
Mentre il tribunale prepara la nuova asta, resta una domanda sospesa nell’aria di mare: quanto vale davvero un pezzo di terra se non puoi costruirci nulla, ma puoi ancora salvarlo?





