Vado Ligure: due anni di silenzio, disagi e promesse mancate. Il caso JeMa’s Bar grida vendetta
Sono passati quasi due anni dall’inizio del calvario di via Sabazia, ma la sensazione — per chi ci vive e per chi ci lavora — è che il tempo si sia fermato. Fermi i lavori, fermi i cantieri, fermi soprattutto quei politici che avrebbero dovuto tutelare i cittadini e invece si sono voltati dall’altra parte.
Il caso simbolo di questo disastro amministrativo è quello del JeMa’s Bar, gestito da due giovani imprenditori che, con sacrifici e passione, avevano scommesso su Vado Ligure. Oggi, invece, si ritrovano “chiusi come topi in gabbia”, circondati da ruspe, recinzioni e divieti, dimenticati da tutti.
Gennaio 2024 – L’inizio del calvario
Tutto comincia l’8 gennaio 2024, quando la parte bassa di via Sabazia viene chiusa completamente alle auto e ai pedoni per i lavori di eliminazione del passaggio a livello e costruzione del nuovo sottopasso.
Il risultato immediato: isolamento del quartiere e crollo degli incassi del bar JeMa’s, rilevato appena un anno prima con enormi sacrifici.
Gli alberi vengono abbattuti, il parco giochi dei bambini smantellato, ma nel cantiere — già a poche settimane dall’apertura — non si vede più nessuno. Gli operai spariti, i lavori sospesi, i disagi restano.
La giovane coppia, disperata, scrive al Comune, al commissario prefettizio, chiede almeno un’esenzione fiscale o un aiuto per compensare le perdite. Ma l’unica risposta è il silenzio istituzionale. Nessuna telefonata, nessuna visita, nessuna spiegazione.
Estate 2024 – L’indifferenza continua
A luglio e poi ad agosto 2024 torniamo sul posto: tutto come prima.
Il cantiere è sempre fermo, le barriere sempre al loro posto. Le auto costrette a passare tra i palazzi, i furgoni che rischiano di colpire i balconi, gli abitanti esasperati.
Nel frattempo il JeMa’s Bar resiste, grazie solo alla clientela affezionata. Nessun segnale dal nuovo sindaco, che durante la campagna elettorale aveva promesso “ascolto e discontinuità”.
Promesse evaporate come la birra calda servita d’estate senza corrente elettrica: il 7 agosto, infatti, blackout totale dalle 9 alle 16, con i freezer spenti e i prodotti da buttare.
A tenere in vita il locale è stato un generatore fornito da amici e clienti, non certo dal Comune.
Ottobre 2025 – Peggio di prima
E arriviamo ad oggi.
Da ieri, raccontano i gestori, la via è completamente chiusa su tutti i fronti: “lavori a destra, lavori a sinistra e ora anche davanti, con l’annullamento dei parcheggi”.
Un isolamento totale che sta soffocando ogni attività commerciale della zona.
E ancora una volta, nessun avviso, nessuna pianificazione, nessuna voce dall’amministrazione.
“Ci hanno chiusi come topi in gabbia” scrivono amaramente sui social. Ma la realtà è peggiore: li hanno dimenticati.
Nessun sopralluogo del sindaco, nessun incontro pubblico, nessuna soluzione tampone.
Solo comunicati vaghi, quando va bene, e un muro di gomma quando si chiede conto dei ritardi, delle responsabilità, delle prospettive.
Un’amministrazione assente
Due anni di cantiere non bastano a giustificare un simile livello di incuria e mancanza di rispetto.
La giunta Gilardi sembra vivere in un’altra città, mentre i commercianti di via Sabazia vivono in un incubo quotidiano.
Nessuno chiede miracoli, ma un’amministrazione che si rispetti ascolta, comunica, accompagna i cittadini durante le difficoltà.
A Vado, invece, regna il silenzio: nessuna compensazione, nessuna riduzione fiscale, nessun piano di sostegno.
Solo transenne, polvere, rumore e cartelli di divieto.
La solidarietà che vale più della politica
A tenere in piedi il JeMa’s Bar non sono le istituzioni ma la gente comune: clienti che non hanno dimenticato, amici che si sono inventati generatori di fortuna, cittadini che ogni giorno scelgono di passare di lì per un caffè e un incoraggiamento.
Un esempio di comunità viva, che sopravvive malgrado tutto.
Conclusione: Vado merita di più
Vado Ligure ha il diritto di costruire il proprio futuro, ma non distruggendo quello dei suoi cittadini.
Il caso JeMa’s non è un episodio isolato: è il simbolo di una politica sorda, di un Comune che non sa più guardare in faccia la realtà, di una burocrazia che uccide le speranze.
Se questo è il modello di sviluppo che l’amministrazione vuole esportare, allora Vado non ha bisogno di nuovi sottopassi, ma di un passaggio di testimone.
Verso chi sappia ascoltare, capire, agire.






