Savona in cerca di un nuovo sindaco, tra flop, silenzi e spinte gentili

La giunta di Marco Russo sta visibilmente perdendo terreno sul fronte del consenso popolare. Ma se il centrosinistra arranca, non è che il centrodestra savonese se la passi meglio. A un anno e mezzo dalle prossime elezioni comunali, la città si ritrova stretta in una morsa di sfiducia e delusione trasversale.

Dopo gli ultimi passi falsi — dalla nuova viabilità alla gestione confusa dei rifiuti — Russo sa bene di giocarsi la rielezione. Non a caso ha scelto di non rimandare l’introduzione del nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, come sarebbe stato logico e prudente fare: farlo slittare significherebbe affrontare le urne in piena bufera, e allora meglio partire adesso, nella speranza che l’elettorato abbia il tempo di dimenticare, così com’è già successo con la folle viabilità cittadina.

Che a ripresentarsi sia Russo o, come molti ipotizzano, l’attuale vicesindaco Elisa Di Padova, poco cambia: ad oggi, il centrosinistra mantiene comunque una discreta possibilità di vittoria, soprattutto per l’assenza di veri avversari.

Nel centrodestra regna il caos. Fratelli d’Italia, pur primo partito a livello nazionale, fatica a radicarsi davvero in città, mentre Lega e Forza Italia sono ridotte a presenze evanescenti. Ma il problema vero è che manca una figura carismatica, in grado di mobilitare l’ampia fascia di savonesi che oggi si rifugia nell’astensione. Il solo che potrebbe mettere in seria difficoltà l’attuale amministrazione sarebbe il consigliere Santi, forte di un seguito personale significativo. Eppure, inspiegabilmente, il centrodestra continua a ignorarlo, preferendo logiche interne invece che realismo elettorale.

In questo scenario stagnante, l’unica vera alternativa vincente potrebbe arrivare da una lista civica seria, indipendente dai partiti, con un candidato sindaco credibile, capace di raccogliere il voto di protesta e il malcontento dei savonesi delusi da anni di promesse mancate. Qualche movimento c’è già stato, qualche nome è emerso, ma tutto è ancora troppo frammentato. Eppure, la ricetta non è impossibile: meno ego personali, più lavoro comune su un programma fatto di concretezza, niente sogni faraonici, ma risposte chiare ai problemi veri della città.

Infine, non va dimenticato un altro possibile scenario: un Partito Democratico che, dopo anni di subordinazione alla figura del sindaco, ritrovi una sua voce autonoma. Se il PD decidesse di tornare a fare… il PD, avrebbe in mano le carte per giocarsi seriamente la partita. Anche perché Marco Russo non ha mai nascosto le sue ambizioni romane. E allora, perché non accompagnarlo gentilmente verso nuovi orizzonti, applicando il vecchio adagio latino: promoveatur ut amoveatur

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