RiformiAMO l’aria che respiriamo (a fuoco lento): il termovalorizzatore spiegato da chi brucia le alternative

Eccoli qua, i nuovi riformisti del progresso, quelli che amano la sostenibilità con il fiammifero in mano. Azione, +Europa, Italia Viva, Centro Democratico — il Dream Team dell’ecologismo da salotto — ci invitano  oggi, sabato 10 maggio, nella solenne Sala Rossa del Comune di Savona, per svelarci il loro nuovo feticcio salvifico: il termovalorizzatore. Oh pardon, “waste-to-energy”, che in inglese fa più smart e inodore.

Il titolo dell’evento è già tutto un programma: “Rifiuti e termovalorizzatore: parliamone!”
Parliamone, sì. Ma attenzione: solo dopo aver deciso che lo vogliamo. Non sia mai che si dia spazio a chi pensa che ridurre i rifiuti, riciclare seriamente, o – udite udite – prevenire la produzione di scarti sia una soluzione degna. No, troppo faticoso. Molto meglio parlare di “impianti moderni”, “energie alternative”, e naturalmente di “pianificazione sostenibile”, purché sia abbastanza fumosa da coprire il vero obiettivo: bruciare tutto, e farlo pure passare per atto d’amore verso l’ambiente.

Sarà un incontro molto tecnico, ci dicono. A parlare ci saranno gli illuminati della sostenibilità: l’assessore Barbara Pasquali, che ha già dato prova di straordinaria efficacia nella gestione dei rifiuti urbani (i cittadini di Zinola ancora ringraziano), l’ingegner Rogora che probabilmente ci spiegherà che le diossine sono solo un’invenzione romantica, e i consiglieri Carpano e Taramasso, pronti a convincerci che respirare aria bruciacchiata sarà il nuovo trend wellness della Riviera.

Naturalmente tutto questo è “per fare chiarezza”, perché i savonesi – si sa – sono confusi. Non riescono proprio a capire il genio di chi, in piena crisi climatica, propone di risolvere il disastro della raccolta porta a porta con un camino alto 50 metri che vomita gas filtrato (ma quanto filtrato?) sul nostro territorio. Ma per fortuna ci sono i riformisti, pronti a spiegare come i termovalorizzatori siano belli, intelligenti, e magari anche biodegradabili.

Nel frattempo nessuno ci spiega perché Savona, dopo milioni di euro spesi in cassonetti, cestelli, sacchi colorati, microchip e sanzioni, sia ancora immersa nel caos rifiuti. Nessuno che osi dire che forse, prima di infilarci un forno in provincia, sarebbe il caso di chiedersi chi ha fallito nella gestione dei rifiuti e perché continuiamo a inseguire modelli anni ’90 mentre il mondo parla di economia circolare.

Ma oggi parliamone. Sì, parliamo di quanto sia bello il futuro che brucia lento tra le fiamme del compromesso politico, dei progetti “green” a colpi di inceneritori, delle ricette a base di rifiuti arrosto servite con il sorriso tecnico-burocratico dei paladini del centrismo.

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