Liste civiche: tra speranze di partecipazione e illusioni politiche — i pro e i contro

Una lista civica è — idealmente — una lista elettorale locale che si presenta alle elezioni (comunali, provinciali, regionali) senza essere esplicitamente legata a un partito nazionale.
Il suo scopo è affrontare questioni locali, far emergere soggetti della società civile (imprenditori, professionisti, cittadini non-politici) e offrire una “alternativa” alla politica partitica tradizionale.

Nel corso del tempo, le liste civiche si sono affermate proprio negli spazi in cui i partiti nazionali faticavano a intercettare esigenze molto locali e particolari — specialmente nei comuni medio-piccoli.

Tuttavia, molte critiche sono emerse — sia oggi che nel passato — proprio sul modo in cui molte “liste civiche” finiscono per essere tutt’altro che “apartitiche” nella pratica. Vediamo i pro, i contro e la crisi che le sta colpendo.

I pro delle liste civiche

  1. Vicini al territorio, centrati sui problemi locali
    Le liste civiche possono focalizzarsi su problemi specifici del comune: viabilità, decoro urbano, servizi sociali, ambiente, rigenerazione urbana. Non sono costrette a “narrative nazionali” che spesso poco centrano con le esigenze quotidiane dei cittadini.
  2. Mobilitazione e inclusione civica
    Possono stimolare la partecipazione dei cittadini “non-politici”, attrarre persone che altrimenti non parteciperebbero alla politica partitica. Dare voce a soggetti nuovi può rinnovare la classe dirigente locale.
  3. Flessibilità nei rapporti con i partiti nazionali (qualora lo si voglia)
    Una lista civica può collaborare con partiti nazionali senza esserne “plagiata”. Può avere accordi locali, alleanze, ma conservare autonomia. In alcune realtà, le liste civiche servono proprio da “cerniera” fra desideri locali e strutture nazionali.
  4. Messaggio di discontinuità
    In contesti in cui i partiti tradizionali sono visti come poco credibili o compromessi da scandali, una lista civica può essere percepita come “nuova speranza”, “aria fresca”, un segnale di discontinuità.
  5. Adattabilità e snellezza organizzativa
    Non devono rispettare strutture rigide nazionali, possono essere più snelle, rapide nelle decisioni, adattarsi meglio alle esigenze politiche locali.

I contro e i rischi delle liste civiche: quando la “civica” è solo un’etichetta

  1. “Finte civiche” e liste “civetta”
    Spesso dietro il nome “lista civica” si nasconde un’operazione di opportunismo politico o amministrativo, dove il soggetto politico effettivo è un “uomo” o un gruppo che già ha legami con partiti, ma che vuole presentarsi con “faccia pulita”.
    Si parla di “liste civetta” — con simboli neutri, candidature poco trasparenti, finalità opache — che in alcuni casi sono create con scopi speculativi, come ottenere benefici (es. aspettative retribuite per candidati dipendenti pubblici
  2. Ambiguità ideologica e annacquamento del consenso
    Spesso le liste civiche sono “senza bandiera” e, per attrarre il maggior numero, tendono a evitare posizioni forti. Ciò può tradursi in mancanza di progettualità ideologica, ossia “fare tutto e niente”, senza scelte forti.
    C’è chi le definisce “l’annacquamento delle ideologie” — dove si perde una bussola politica chiara.
  3. Cooptazione da parte dei partiti nazionali
    Molte liste civiche — pur dichiarandosi autonome — finiscono per essere “coperte” o utilizzate da partiti attraverso accordi sottotraccia. Il risultato: il cittadino crede di votare un soggetto locale libero, ma il “comando” è in realtà a Roma (o nelle segreterie partitiche).
    Sembra che molte “liste civiche” siano nate proprio per “disimpegnare” i partiti nazionali da responsabilità dirette, mantenendo però controllo indiretto.
  4. Debolezza strutturale e sostenibilità nel tempo
    Molte liste civiche nascono attorno a una figura carismatica (un candidato-sindaco), ma non hanno una struttura organizzata, non costruiscono un’identità ben definita, non investono in formazione, comunicazione, radicamento territoriale. Quando il leader “cade”, la lista spesso muore, si scioglie o si dissolve.
  5. Conflitti interni e faglie personali
    Senza vincoli ideologici o strutturali, possono emergere in modo brutale conflitti personali, scissioni, lotte di potere interne, soprattutto quando bisogna decidere ruoli, incarichi, bilanci, alleanze con partiti.
  6. Problemi di legittimazione e trasparenza
    Se i membri della lista non chiariscono appartenenze, interessi o legami, il cittadino può non sapere chi sta votando veramente. Manca spesso chiarezza sui finanziamenti, su chi comanda, su chi ha stabilito i candidati.

Le radici storiche: da Tangentopoli all’apogeo delle civiche

L’ascesa delle liste civiche ha una relazione storica con la crisi dei partiti tradizionali e con Tangentopoli (inizi anni ’90). Molti cittadini persero fiducia nei partiti tradizionali, considerandoli corrotti o autoreferenziali. In quel contesto, le liste civiche divennero una risposta: “non siamo partiti, siamo cittadini che agiscono localmente”.

Con il tempo, molte liste civiche però hanno perso quel carattere originale di “presa diretta civica”, diventando — in alcuni casi — “parti camuffate”.

Ad esempio, in studi sulle elezioni comunali in Emilia-Romagna tra il 1998 e il 2002, si evidenziava come più della metà delle liste presentate erano “non-riconducibili ai partiti tradizionali” — ma già all’epoca si interrogavano gli studiosi su quanto quelle liste fossero effettivamente “autonome” piuttosto che collegati a partiti tramite canali non visibili.

Crisi attuale delle liste civiche

Negli ultimi anni, si osserva una crisi delle liste civiche, per varie ragioni:

  • Saturazione e inflazione delle liste
    Con la proliferazione, le liste civiche si sono moltiplicate fino a diventare “rumore elettorale”: troppi simboli, troppi nomi, poca differenza sostanziale fra l’una e l’altra. Il cittadino non distingue più bene.
  • Scarsa identità e riconoscibilità
    Le liste civiche che non riescono a differenziarsi o costruire un’identità dura nel tempo, finiscono per sparire o essere fagocitate.
  • Crisi del consenso politico tradizionale e competizione con formazioni nazionali “populiste”
    Alcuni movimenti nazionali che si presentano con logiche “locali” (populismo, personalismo) competono nello stesso spazio delle civiche, sottraendo loro consensi.
  • Fenomeni di “candidopoli”
    Inchieste su liste civetta, candidati fantasma, candidature usate come strumento per beneficiare di norme (aspettative, salari) hanno pesato sull’immagine delle liste civiche.
  • Maggiore sensibilità dei media e dell’elettorato su trasparenza e coerenza
    Oggi l’elettore e i media esigono più chiarezza: “Di chi sei?”, “Chi ti finanzia?”, “Qual è la tua storia politica?”. Le liste civiche poco trasparenti pagano il prezzo dell’“inganno percepito”.
  • Difficoltà di reclutare figure non compromesse
    Essere “civici” implica spesso fare scommesse su persone senza esperienza politica, ma spesso non si trova chi accetta l’impegno e la responsabilità, oppure figura dopo figura emerge che sono legati a vecchie reti.

Quando una civica “civica” non è più civica: alcuni casi e segnali

  • Simboli troppo generici e intercambiabili (es. “Insieme”, “Lista X”, “Crescere insieme”). Spesso il simbolo appare in molti comuni cambiando dettagli — segno che non è legato al territorio ma al brand politico.
  • Candidati con tessere di partito o provenienza politica nota, ma che non la dichiarano o la nascondono.
  • Liste “usa e getta”, create per una tornata elettorale e poi scomparse.
  • Liste che sopravvivono solo in funzione della figura del sindaco e non hanno altri eletti, non strutturano un “gruppo”.
  • Liste che dopo l’elezione si “spacchettano” in gruppi che aderiscono a partiti nazionali o tendono a diventare appendici politiche locali.

Prospettive: che futuro per il “civismo”?

Per poter sopravvivere con dignità, le liste civiche dovrebbero:

  1. Costruire identità politiche locali coerenti
    Non accontentarsi del “fare qualcosa di buono”: bisogna avere una linea, una visione locale che permetta di distinguersi e di essere riconoscibili negli anni.
  2. Maggiore trasparenza
    Dichiarare gli interessi, le affiliazioni, i finanziamenti, i legami passati o presenti con partiti nazionali. Questo rafforza la fiducia.
  3. Radicamento sociale e organizzazione
    Non limitarsi al momento elettorale, ma mantenere attività sul territorio, ascolto continuativo, formazione delle persone.
  4. Collaborazione con partiti con canali chiari
    Se si collabora con partiti nazionali, farlo con chiarezza e non occultamente; le alleanze trasparenti sono meno soggette a critiche.
  5. Rigore nei criteri di selezione dei candidati
    Evitare candidature-spot, figure di comodo, candidati “di servizio”; selezionare chi ha credibilità sul territorio e competenza.
  6. Promuovere civismo come metodo, non solo come simbolo
    Il “civismo” non deve essere solo un’etichetta elettorale, ma una pratica: ascolto sociale, processi partecipativi, forme di democrazia diretta locale.

Le liste civiche dovevano essere il simbolo della riscossa dei cittadini, la ribellione gentile contro i partiti screditati di Tangentopoli. Ma oggi troppe si sono trasformate in “mini-partiti senza ideologia”, in comitati elettorali personali, in taxi per candidature di comodo.
Il civismo — quello vero — è ascolto, presenza, partecipazione. Non ha bisogno di slogan, né di loghi a pagamento. Finché le “civiche” resteranno strumenti tattici, non politiche di comunità, resteremo spettatori di un eterno ritorno: quello delle stesse facce dietro sigle sempre nuove.

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