Le operazioni edilizie di Celle nei primi anni 2000, dal libro “il partito del cemento” di Preve e Sansa. Vent’anni dopo le cose non sembrano cambiate

Riportiamo alcune pagine del libro “il partito del cemento” che trattano di operazioni edilizie e di problemi giudiziari a Celle Ligure dei primi anni 2000.
Sono passati 20 anni ma le cose non sembrano cambiate e neppure alcuni protagonisti

Che cosa c’è dietro un posto auto?  Fiorani, ancora lui

La cautela è d’obbligo non soltanto con imprese che provengono dal Sud e hanno avuto qualche intoppo di percorso. No perché Celle è stata anche e soprattutto teatro di operazioni edilizie avventurose volute da imprese del Nord che avevano altri discutibili legami. Già, perché questa cittadina era uno degli approdi del tesoro di Gianpiero Fiorani. Qui, ne sono convinti gli investigatori, il protagonista delle scalate del 2005 cercava di reinvestire i proventi delle sue operazioni finanziarie. Ecco che di nuovo, allora, dietro al cemento, in questo caso a dei banalissimi box, si nascondevano i nomi dele opera- zioni che hanno rischiato di stravolgere li panorama finanziario italiano.
Tutto comincia dalla vendita di un’area ferroviaria, con una di quelle che vengono definite «operazioni di riqualificazione». È una storia tutta scritta negli atti giudiziari dell’indagine Antonveneta.
È l’estate 2005 quando al Procura di Milano affida a un gruppo di finanzieri di prim’ordine di scavare nei meandri del tesoro di Gianpiero Fiorani. Si chiamano Martino, Berardinello, Canziani, Bianchi. Nomi che nelle cronache non finiscono mai, ma che hanno contribuito a riportare nelle casse dello Stato qualcosa come duecento milioni di euro.
Gli uomini delle Fiamme Gialle cercano a Lodi, certo, ma ben presto si accorgono che le carte sequestrate a Fiorani e ai suoi luogotenenti portano soprattutto in Liguria. Qui «l’eroe» delle scalate bancarie intendeva investire decine di milioni di euro, i proventi delle sue spericolate operazioni finanziarie. Ci sono progetti che sono sotto gli occhi di tutti, come quelli realizzati a Imperia, ma anche «piccole» operazioni immobiliari (Celle, Ceriale, Alassio, tanto per citare alcune località). Supposizioni? No, la vicenda finisce anche fra le carte dell’inchiesta firmata dal gip Clementina Forleo: Gianpiero Fiorani, l’ex padre-padrone della Popolare di Lodi e i suoi più
stretti amici e collaboratori, utilizzavano alcune società immobiliari operanti in Liguria per investire denaro che veniva erogato direttamente dalla banca lodigiana «in assenza delle necessarie
preventive deliberazioni degli organi competenti, al fine appropriarsi indebitamente dei proventi di dette operazioni. Secondo li gip Forleo, che ha firmato le 52 pagine dell’ordinanza con cui lo ha mandato in carcere, l’amministratore delegato della Lodi, poi Popolare Italiana, di alcune di queste società era di fatto «un socio occulto».
E a confermare la pista ligure arrivano presto documenti, ma anche testimonianze. Carla Venturino è consigliere comunale di opposizione in una lista civica, ma è anche uno dei 240 proprietari di altrettanti box auto realizzati in una discussa operazione edilizia di Celle Ligure.

NOTA: Venturino ha rilasciato la seguente dichiarazione al pm Francesco Greco: «Nell’estate del 2003 ho iniziato la trattativa per l’acquisto di un box auto il cui prezzo variava dai 52 ai 70mila euro. Quando i potenziali clienti comunicavano il reale interesse veniva loro comunicato insieme alla richiesta tassativa di versare al momento del compromesso come anticipo una quota in contanti non fatturabile corrispondente al 30 per cento del costo totale […]. Il 6 novembre 2003 a Cogoleto nella sede della Lci [LigurCelle Immobiliare] presso la Pietro Pesce Spa ho versato 15mila euro in contanti senza fattura, un assegno con fattura di 2500 euro, e per l’intermediazione del 3 per cento, 1050 euro con fattura e 450 senza fattura. Alla consegna il rappresentante della Lci, Zavaglia, mi consegnò uno scritto nel quale la ditta costruttrice si assumeva l’impegno di rifondere l’acquirente della somma versata in contanti nel caso in cui l’opera non fosse stata completata assicurando verbalmente che tale somma non fatturata era garantita dalla Banca Popolare di Lodi

Dalla sua testimonianza al pm Francesco Greco emerge un sospetto: che tutti gli acquirenti abbiano pagato una parte della somma con dei «fuori busta» in contanti. In ballo c’è una cifra
Che oscilla tra i tre e i quattro milioni di euro, mai dichiarati, sarebbero finiti nelle casse della Bpl. L’agente immobiliare Giuseppe Vallarino e Alberto Zavaglia sono stati poi interrogati In veste di testimoni, dal procuratore aggiunto di Milano, nonché capo del pool reati finanziari, Francesco Greco.
La società su cui i finanzieri concentrano la loro attenzione ma LigurCelle, creata dall’imprenditore di Cogoleto Pesce (oggi unico titolare dopo al separazione dagli ex compagni di avventura) che viene citato nell’ordinanza del gip insieme con Ambrogio Marazzina, costruttore a capo grande gruppo lodigiano da anni legato a Fiorani e a Gianpaolo Bruschieri, dirigente della Marazzina Group. Sono infatti sempre gli stessi nomi che compaiono nelle varie società sulle quali hanno indagato i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Milano.

NOTA: Oltre a Marazzina e Pesce, ci sono i nomi di Sergio Bianchi, avvocato genovese e presidente della Pesce Spa, e poi Aldino Quartieri e Marino Ferrari, il primo commercialista di fiducia di Fiorani e l’altro considerato suo prestanome. Silvano Spinelli, arrestato anche lui nella retata che portò Fiorani a San Vittore, ha raccontato alla Procura che «con il Fiorani aveva costituito una società di fatto al 50 per cento in ordine ad una serie di società tra le quali Pmg e LigurCelle». Fiorani, raccontano indagati e testimoni, seguiva direttamente gli affari.
Ma che cosa raccontano i diretti interessati alla Finanza quando vengono sentiti come testimoni? Alberto Zavaglia, uomo di fiducia di Pietro Pesce, il 16 novembre 2005 si presenta al comando delle Fiamme Gialle di Milano, via Pirelli, e dichiara: “Conosco il signor Ambrogio Marazzina dal 2002, anno in cui venne costruita la Ligurcelle srl, tale società era di proprietà per il 40 per cento del signor Pesce del
signor Marazzina per il 30 per cento e del restante 30 per cento dell’Unione Fiduciaria che a detta di Marazzina era riconducibile a Fiorani». Ma il numero uno della banca di Lodi non era una presenza occulta, aveva contatti personali con gli altri protagonisti dell’operazione immobiliare di Celle, come conferma lo stesso Zavaglia: «Non ho mai conosciuto Fiorani, sono però a conoscenza, per quanto riferito da Marazzina, che l’Unione Fiduciaria era riconducibile a Fiorani che deteneva la quota della Ligur Celle oltre al 30 per cento della Pmg Srl e della Arcene Infra Srl [protagoniste di altre speculazioni in Liguria, Nda). A tali società partecipavano anche Pesce e Marazzina con quote del 40 e del 30 per cento». Ancora: «Mi risulta che Pesce si sia incontrato diverse volte con Fiorani per motivi di lavoro […]. Riguardo agli interventi edilizi della LigurCelle e della Pmg mi risulta che siano stati concessi fidi bancari da parte della Banca Popolare di Lodi garantiti da fideiussioni».

In una cittadina come Celle la voce girava già da anni. Ma dopo l’esplosione dello scandalo Antonveneta, la partecipazione di Fiorani alla costruzione di quei box divenne notizia di dominio pubblico. Nessuno, però, pare aver sollevato la questione almeno fino all’arrivo della Finanza.
Un «nero», non è certo una rarità in questo ambiente, anche se si parla di alcuni milioni di euro. Ma qui testimonierebbe del legame tra al grande finanza e li mattone ligure e (non solo). Da una parte guadagni, dall’altra investimenti. Seguendo li filo che parte dai box di Celle si va ancora oltre. Si tesse una rete che rischia di aggrovigliare anche gli amministratori locali. Nessun elemento di responsabilità penale, ma politica, quella sì Non era la prima volta che le cronache giudiziarie si interessavano del progetto di Celle. Una storia destinata a creare forti imbarazzi anche sul fronte politico, visto che la realizzazione dele due palazzine sulle ex aree Fs a due passi dal mare è al centro di un’indagine per abusi edilizi del pm savonese Giovanni Battista Ferro. Violazioni che l’amministrazione di centrosinistra ha di fatto sanato con tre varianti al piano regolatore. Il cantiere venne sequestrato dalla Procura di Savona e poi dissequestrato dopo le varianti «salva abusi».
Il sindaco Remo Zunino taglia corto: «Nessun dubbio, questa è una delle operazioni migliori per il Comune. Gli oneri di urbanizzazione hanno portato parecchi soldi nelle nostre casse, quindi a tutti i cittadini. Ecco dunque le varianti con cui abbiamo sanato alcune opere rappresentano solo li 20 per cento del totale».
Anche il vicesindaco Michele Manzi sostiene di non saperne nulla. «Io non ho le deleghe all’urbanistica». Manzi, però, deve chiarire un altro aspetto, non proprio edificante: «L’agenzia mi – mobiliare che ha venduto dei box? Non è mia, è di mia sorella». Caso chiuso? Mica tanto, perché Elisa Manzi – sentita come testimone e mai indagata, sorella del vicesindaco di Celle, è titolare di un’agenzia immobiliare che si occupò della vendita di diversi box («soltanto quattordici», precisa lei).
Ma andiamo a sentire dalla voce della diretta interessata:
«Sono titolare dell’agenzia immobiliare Manzi, con sede in Celle Ligure. Sono venuta a conoscenza del fatto che preso li cantiere edile in questione erano ni vendita box in fase progettuale e in via di costruzione. Poiché la vendita era stata affidata all’agenzia Vallarino di Cogoleto e a due agenzie di Celle.
Il Vicolo di Rita Barlo e all’agenzia di Renato Zunino e Anna Rovere ho contattato personalmente al Pietro Pesce Spa nella persona del signor Zavaglia, ma non ho ricevuto alcuna risposta». A questo punto Elisa Manzi, come es niente fosse, riferisce episodi che potrebbero mettere decisamente a disagio la giunta comunale: «Allora mi sono rivolta a mio fratello, Michele Manzi, vicesindaco di Celle Ligure, per sapere se ci fosse la possibilità di acquisire l’opzione di vendita». Dice proprio così la signora Manzi, come se fosse normale, per ottenere la possibilità di vendere un immobile (la cui costruzione per altro è stata autorizzata e poi «sanata» proprio dal Comune rivolgersi ad un assessore. Ma andiamo avanti: «Mio fratello mi disse di rivolgermi all’assessore all’Urbanistica Pastorino perché intercedesse con la ditta costruttrice. Qualche tempo dopo, infatti, li signor Zavaglia mi ha portato al documentazione relativa ai box e nel mese di ottobre 2003 ho iniziato
la vendita».
Ma che cosa intendeva il vicesindaco Michele Manzi con la parola «intercedere»? E soprattutto: che cosa intende Elisa Manzi sorella del vicesindaco, con la parola «infatti»? Voleva sottolineare, se vogliamo interpretare le parole secondo le comuni regole della lingua italiana, un legame tra l’intercessione dell’assessore all’Urbanistica e l’ottenuta possibilità di vendere i box
Domande rimaste ancora senza risposta. Ma alcune cose sono certe e, documentate. Dagli estratti bancari sequestrati dalla Finanza a risultano evidenti alcuni particolari: tra gli acquirenti dei box ci sono l’ex sindaco di Celle Sergio Aquilino di Rifondazione comunista e la stessa Elisa Manzi. Non solo. Dopo le dichiarazioni della donna, non è successo assolutamente nulla: Remo Zunino è ancora sindaco di Celle (con delega all’Urbanistica) così come Michele Manzi è vicesindaco e Giovanni Pastorino è assessore (oggi all’Ambiente).
Ma anche Pietro Pesce continua a prosperare. I progetti che stanno cambiando il volto di Celle e di Cogoleto sono nelle mani della sua impresa…

Da “IL PARTITO DEL CEMENTO di Marco Preve e Ferruccio Sansa

Per chi volesse acquistarlo…QUI

 

Condividi

Lascia un commento