Savona – Anche quest’anno, in occasione della Giornata per le vittime sul lavoro, il copione si è ripetuto identico: discorsi solenni, promesse di impegno, richiami alla responsabilità. Poi, come sempre, il giorno dopo tutto torna esattamente com’era.
A fare da protagonisti, sul palco della memoria, Roberto Arboscello, vicepresidente del Consiglio regionale, e la CISL, che tra citazioni e proclami hanno offerto la solita passerella di buone intenzioni, senza alcuna ricaduta concreta per i lavoratori.
Numeri che fanno paura
I dati parlano più di qualsiasi discorso.
Nel Savonese, tra il 1° gennaio e il 31 agosto, gli infortuni totali sono diminuiti, ma quelli mortali sono aumentati da 4 a 6. Un numero impressionante in una provincia piccola come la nostra.
Le malattie professionali crescono del 22%, e molte riguardano ancora esposizioni a sostanze tossiche del passato: amianto, silice, prodotti chimici. Ma anche patologie muscolo-scheletriche dovute a sovraccarichi e ritmi insostenibili, spesso per lavoratori stranieri che ignorano i propri diritti e le norme di sicurezza.
E intanto nei cantieri si continuano a vedere scene indegne: operai che rimuovono lastre d’amianto senza mascherine, sotto gli occhi di tutti e nel silenzio delle autorità.
Arboscello: parole che non diventano atti
«Ogni otto ore si muore lavorando», ha ricordato Arboscello alla cerimonia savonese dell’Anmil. Un dato reale, drammatico, ma ormai ridotto a formula rituale.
Da vicepresidente del Consiglio regionale, Arboscello non può limitarsi a “ricordare”: dovrebbe agire, proporre leggi, pretendere risorse, rafforzare gli ispettorati, sostenere la formazione.
Invece, a ogni Giornata della memoria, ripete gli stessi appelli, salvo poi scomparire quando si parla di bilanci, prevenzione o controlli.
È la politica della frase fatta e della memoria di comodo, che commemora le vittime senza mai difendere i vivi.
CISL: il sindacato dei “patti” mai realizzati
Non va meglio sul fronte sindacale.
In occasione della stessa giornata, la CISL Liguria ha rilanciato l’idea di un “Patto ligure per la sicurezza”, già annunciato mille volte e mai concretizzato.
Il segretario Maestripieri ha invocato più ispettori, più controlli, più formazione — come se bastasse ripetere le parole giuste per cambiare la realtà.
Ma nelle fabbriche e nei cantieri, i presidi di sicurezza ci sono e non vengono usati, le ditte risparmiano sui dispositivi, e i lavoratori vengono lasciati soli.
Il sindacato, troppo spesso, interviene dopo le tragedie, non prima.
Tra memoria e ipocrisia
La Giornata per le vittime sul lavoro dovrebbe essere un momento di verità, non di ipocrisia.
Invece, a ogni ottobre, si trasforma in una cerimonia autoreferenziale: politici che si commuovono, sindacalisti che parlano di “cultura della sicurezza”, e un Paese che si abitua all’idea che “ogni otto ore qualcuno muore lavorando”.
Finché non ci saranno ispezioni reali, sanzioni efficaci, fondi veri per la prevenzione, la memoria resterà solo un alibi per non cambiare nulla.
Il rispetto per le vittime non si misura in discorsi o corone di fiori, ma in cantieri sicuri e leggi applicate.
Tutto il resto è — ancora una volta — retorica a orologeria.





