Il colosso è partito da Vado Ligure: 66 metri di lunghezza, 33 di larghezza, 33 di altezza. Una specie di condominio galleggiante, o meglio un blocco di cemento armato grande come due autobus messi in fila e pesante come mille silenzi amministrativi. È il primo dei 92 megacassoni destinati alla nuova diga foranea del porto di Genova, l’opera simbolo del “nuovo Rinascimento infrastrutturale” invocato da politica e imprese.
Sulla carta, tutto perfetto: un cantiere che promette sicurezza, innovazione e crescita economica. Ma dietro la retorica della “grande opera” restano molte onde lunghe. E non solo quelle del mare.
Il cassone C54 – partito dal bacino realizzato appositamente a Vado – è il primo tassello visibile di un progetto che vale oltre un miliardo di euro e che cambierà per sempre la morfologia del porto di Genova. Ma anche il paesaggio, la qualità delle acque e l’equilibrio ambientale di un tratto di mare già provato da decenni di dragaggi e colate di cemento.
Il dibattito pubblico si è ormai ridotto a una narrazione a senso unico: “la diga serve, punto”. Chi osa chiedere un’analisi dei costi ambientali o dei rischi per gli equilibri marini viene liquidato come un nostalgico del “no a tutto”. Eppure, bastano pochi numeri per capire la scala del problema: centinaia di migliaia di metri cubi di sedimenti movimentati, impatti acustici e biologici da monitorare, e un sistema portuale che rischia di concentrare potere e risorse in un solo punto, lasciando alle altre realtà liguri solo le briciole logistiche.
E Vado? Vado è diventato, ancora una volta, il retrobottega del progresso altrui: il luogo dove si costruisce, si scarica, si sposta. Ma non si decide. I megacassoni partono da lì, come un simbolo perfetto della subalternità industriale savonese: si produce il cemento per la gloria di Genova, mentre il territorio paga il prezzo ambientale e logistico.
A ogni nuovo viaggio di questi giganti galleggianti, la retorica della “Liguria che cresce” si fa più pesante, più difficile da sostenere. Perché la domanda vera resta una sola: cresce per chi?
E soprattutto, a che prezzo?





