Continuano a Carcare le proteste per le condizioni disastrose delle strade comunali, sempre più costellate di buche pericolose. Un problema non solo estetico o di semplice disagio, ma una vera e propria minaccia alla sicurezza, soprattutto per gli anziani, già protagonisti di alcuni spiacevoli episodi di caduta.
La situazione è stata recentemente evidenziata anche dalla Stampa, che ha raccolto le testimonianze dei cittadini e rilanciato l’allarme. Ma ad esasperare ulteriormente gli animi dei carcaresi sono state le dichiarazioni del Sindaco Rodolfo Mirri, riportate proprio nell’articolo…Esiste effettivamente un problema asfalti che, difatti, stiamo per affrontare, e se chi protesta leggesse i giornali o seguisse le comunicazioni dell’amministrazione comunale o i Consigli comunali, lo saprebbe. Così come saprebbe che non basta fare un post di protesta, per quanto ogni segnalazione deve essere ritenuta utile, perché il problema venga risolto, ma servono soldi e programmazione….
Una risposta che ha avuto l’effetto di benzina sul fuoco. Molti cittadini si sono sentiti trattati con sufficienza, come se la responsabilità fosse più di chi segnala i problemi che di chi, invece, dovrebbe prevenirli e risolverli.
A rendere ancora più evidente l’autogol politico del primo cittadino è il seguito della sua dichiarazione: Mirri ha infatti spiegato che i fondi necessari sono stati finalmente reperiti grazie all’operazione Dimar — l’apertura del discount Mercatò in località Cirietta.
Tradotto: dopo 24 mesi di mandato, l’amministrazione ammette pubblicamente di non aver ancora programmato né messo in cantiere interventi concreti per la manutenzione ordinaria delle strade, affidandosi solo ora a risorse straordinarie.
Una situazione che i cittadini di Carcare giudicano inaccettabile, soprattutto considerando i rischi per l’incolumità pubblica e i danni materiali già subiti da chi, a proprie spese, ha dovuto riparare i veicoli.
Nel frattempo, buche e proteste continuano a moltiplicarsi. E anche la pazienza sembra ormai essersi esaurita.