A Bruxelles non capiscono niente. Non sanno cosa significhi tenere in piedi un ombrellone storto, una sdraio arrugginita e una cabina che ha visto più verniciature che clienti. Non hanno mai assaggiato le lasagne del 15 di agosto fatte nella cambusa dei Bagni, né hanno provato l’ebbrezza del “diritto acquisito” che passa da nonno a nipote come un cimelio di famiglia. Eppure eccoli lì, i burocrati con la cravatta blu stellata, a mettere in discussione il “valore” delle nostre spiagge privatizzate.
Crescono le proteste «È inaccettabile negare il valore delle nostre imprese». Tradotto: è inaccettabile che qualcuno osi pensare che la spiaggia appartenga allo Stato e non alle famiglie che ci hanno costruito sopra bar, cabine e il mito dell’abbonamento stagionale “a prezzo di favore”.
Il dramma è servito: la famigerata direttiva Bolkestein impone gare pubbliche per le concessioni demaniali. Gare! Come se il mare fosse roba di tutti. E peggio ancora: Bruxelles osa dubitare persino degli indennizzi. Qui si rischia la catastrofe nazionale: famiglie intere potrebbero perdere il diritto sacrosanto a vivere di ombrelloni bluette e docce con gettone da 50 centesimi.
A Rimini, tra uno stand di turismo esperienziale si è alzata una sola voce «Affossare i balneari vuol dire distruggere anche il modello di vacanza italiana». E come dargli torto? Immaginatevi le spiagge senza lettini a 25 euro al giorno: sarebbe anarchia pura, gente stesa sugli asciugamani gratis, bimbi che costruiscono castelli di sabbia senza pagare il servizio animazione. Una tragedia.
«Tutte le aziende italiane hanno un valore economico, tranne quelle balneari». Già, perché una spiaggia, senza lo stabilimento, è solo sabbia. Ma con un bel chiosco, un campo da beach volley e un cartello “vietato introdurre cibo e bevande”, ecco che diventa patrimonio dell’umanità.
Savona, manco a dirlo, è al centro della questione: la provincia con il maggior numero di stabilimenti della Liguria. Se crollano loro, crolla pure l’economia del territorio. Altro che rigassificatori e porti container: il vero Pil savonese sono i lettini prenotati a Pasqua.
E poi c’è lui, l’onnipresente Paolo Ripamonti. Da anni promette mari e monti ai balneari liguri, ma di fatto non ha concluso nulla: tanti comunicati, qualche passerella, zero soluzioni. È diventato un po’ il “Giano bifronte” della spiaggia savonese: a Roma si presenta come il difensore dei concessionari, ma ogni stagione finisce con un rinvio e un nulla di fatto.
Ora si dovrebbe chiudere il cerchio: le gare pare non siano più rinviabili. E noi, poveri bagnanti, non possiamo che attendere la prossima estate, l’ultima della vecchia guardia. Poi forse arriveranno le gare, o forse l’ennesimo rinvio. Tanto, in Italia, il mare è eterno, ma i concessionari lo sono ancora di più.





