ATA, il bancomat del Comune: quando i rifiuti servivano a coprire le spese (anche papali)

Che durante le giunte Berruti l’azienda di raccolta rifiuti ATA fosse usata come un bancomat del Comune di Savona lo abbiamo già scritto, ma val la pena tornare a ricordarlo, perché certe abitudini lasciano tracce profonde e spiegano molte cose dell’attuale disastro.

Due episodi, ma non solo gli unici,  bastano per capire come l’azienda pubblica che doveva occuparsi di rifiuti, igiene e ambiente sia stata trasformata in un portafoglio di emergenza per spese improprie, spesso mascherate da voci amministrative o “servizi di supporto”.

  1. Il campo nomadi e le bollette fantasma

Per anni, il consumo dell’acqua del campo nomadi – i cui abitanti si sono ben guardati dal pagare – veniva addebitato direttamente ad ATA. Un’anomalia talmente evidente da risultare grottesca: un’azienda di igiene urbana costretta a pagare l’acqua per un insediamento che nulla aveva a che fare con i propri servizi.
Solo negli ultimi anni, dopo infiniti solleciti e l’intervento di tecnici, l’azienda ha finalmente deciso di dire “basta”, rifiutandosi di saldare ulteriori bollette. Sono stati installati i contatori individuali, ma ancora oggi nessuno sa chi paga davvero.
Le domande dell’opposizione in Consiglio comunale si sono moltiplicate, ma dalla maggioranza solo silenzio.
Pagano i nomadi? Pagano i cittadini attraverso il Comune? Più probabile la seconda iopotesi

  1. Il Papa e le bandierine

L’altro episodio è quasi surreale, se non fosse tristemente vero.
Era il 2008: Papa Benedetto XVI in visita a Savona. Il Comune, com’è giusto, organizzò l’accoglienza con tutto il decoro dovuto all’evento.
Ma nelle pieghe delle fatture emerse un dettaglio imbarazzante: 12.000 euro di spesa per bandierine e materiale decorativo destinato ai festeggiamenti.
Un conto salato, ma soprattutto un conto pagato da ATA.
Sì, proprio l’azienda dei rifiuti. Come se, oltre a svuotare i cassonetti, dovesse anche garantire l’entusiasmo popolare per gli eventi religiosi.

 Da bancomat a cadavere industriale

Episodi come questi spiegano meglio di qualsiasi piano industriale o bilancio perché ATA sia oggi un’azienda in fin di vita.
Per anni è stata spremuta per coprire spese che nulla avevano a che fare con la sua missione.
È stata depauperata, svuotata, umiliata, trasformata in un comodo serbatoio per coprire buchi o distribuire favori.
E oggi che la società è tecnicamente moribonda, il Comune – ironia della sorte – ne è diventato proprietario unico.
Una eredità tossica: non solo di debiti, ma di metodi.

Savona si ritrova così con un’azienda “pubblica” ridotta all’osso e un Comune che finge di non sapere chi, per anni, ha acceso il bancomat e per cosa.
La verità è che qualcuno ha speso, qualcuno ha taciuto, e alla fine paghiamo tutti noi.

Triste conclusione: Molti dei protagonisti di quelle stagioni, che allora hanno taciuto, siedono ancora in consiglio, alcuni con incarichi diversi

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