Villa Romana di Legino: tra cultura e abbandono, il degrado che nessuno racconta
Savona, candidata a Capitale della Cultura, dovrebbe celebrare il proprio patrimonio storico e artistico. Peccato che, tra un proclama e l’altro, la realtà racconti tutt’altro. È il caso della Villa Romana di Legino, sito archeologico di oltre 2000 anni, che oggi versa in uno stato di completo degrado, dimenticato da chi avrebbe dovuto valorizzarlo.
Eppure, nel lontano 2014, Comune e Soprintendenza avevano siglato un protocollo d’intesa per tutelare e promuovere il sito, con tanto di annunci trionfalistici su progetti di recupero e valorizzazione. A distanza di dieci anni, però, il risultato è sotto gli occhi di tutti: mosaici esposti alle intemperie, resti archeologici abbandonati e strutture di protezione che si stanno letteralmente sgretolando.
Il sito, situato nei Giardini di Legino in via Pietragrossa, custodisce splendide pavimentazioni a mosaico rimaste quasi intatte nel tempo, oltre ai resti di una villa di campagna romana. Un tesoro archeologico che meriterebbe di essere valorizzato, ma che invece sembra essere stato lasciato a sé stesso. A peggiorare il quadro, c’è il triste destino di un antico torchio romano, un autentico gioiello dell’archeologia, protetto – si fa per dire – da una tettoia e un telo ormai ridotti a brandelli.
Viene spontaneo chiedersi se non sarebbe stato meglio interrare tutto, come già accaduto in passato per altri reperti nella stessa area. Almeno così, la storia sarebbe rimasta intatta sotto terra, invece di essere esposta al degrado e all’incuria.
La candidatura di Savona a Capitale della Cultura impone alla città di presentarsi al meglio, ma a volte sembra che si stia cercando di raccontare un’illusione, più che una realtà tangibile. Salvaguardare la storia non significa solo scrivere protocolli d’intesa o organizzare eventi culturali, ma soprattutto prendersi cura concretamente di ciò che il passato ci ha lasciato.
Forse sarebbe il caso di rivedere le priorità: meno proclami e più azioni concrete. Perché un patrimonio culturale abbandonato non è solo uno sfregio alla storia, ma anche un’occasione persa per il futuro della città.