Ricostruire dopo i danni ma opere da ripensare

Tutta la costa ligure è stata duramente colpita dall’ultima mareggiata.

Ora stiamo valutando i danni. Ma sarà bene approfondire qualche riflessione prima di andare avanti con i rimborsi.

Mi aiuto con una mia esperienza personale: era il 2003 ero consigliere di minoranza nel comune di Savona e venne in discussione l’autorizzazione per una baracchetta da realizzare sulla spiaggia di fronte al monumento a Garibaldi.

Mi opposi dicendo che la baracchetta era condannata ad essere distrutta dalle onde. La maggioranza invece approvò e la baracchetta fu realizzata e consentì una utile attività di servizio ai bagnanti fino alla recente mareggiata che l’ha semidistrutta.

Baracchetta distrutta 

Ora chiederanno i danni e magari la ricostruiranno uguale a prima. Estendo la riflessione a tutte le cose che sono state realizzate sulle spiagge liguri e che sono state danneggiate dal mare: piscine, cucine, sale raffinate, spa e quant’altro la festa dei consumi abbia ritenuto di attrezzare.

Ma vale la pena di ricostruire senza se e senza ma? Non dovremmo, invece, senza rinunciare a un settore di sana e ricca economia, avviare una riflessione su come fare per operare ed agire per un futuro più sicuro, in quanto più rispettoso delle dinamiche degli elementi naturali?

Ad esempio non si potrebbe condizionare l’erogazione dei soldi di compenso dei danni alla realizzazione di strutture più pensate?

Ad esempio, invece di rifare la baracchetta dov’era e com’era, in attesa della prossima mareggiata, non potremmo ospitarla un po’ più indietro nelle celle recentemente scoperte nel Priamar ben difese dai marosi? E le piscine e sale da pranzo raffinate non potrebbero essere sostituite da strutture leggere, facilmente smontabili e rimontabili? Se uno vuol mangiare in un ristorante raffinato e dotato di piscina, semplicemente non va sulla spiaggia.

Crediamo che l’equilibrio con il territorio non sia connesso a forme di sfruttamento violento: muri, dighe, ripascimenti, e, se non bastano, più muri, più dighe e più ripascimenti. E’ così brutto il nostro mare da avere bisogno di assomigliare alla città? Se accettiamo questa impostazione la possiamo applicare anche a tante parti del nostro territorio.

Lungo i fiumi e alla loro foce perché continuiamo a costruire?

Dopo tante alluvioni perché ci ostiniamo a consentire residenze e attività commerciali e produttive?

La prima prevenzione è non sfidare la natura contando sul “tempo di ritorno”. Perché non decidiamo che su una spiaggia, su un fiume, su una frana mettiamo solo cose e attività compatibili e mettiamo altrove le attività incompatibili?

Dal SECOLOXIX  Roberto Cuneo

L’autore è presidente del Consiglio Regionale di Italia Nostra

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