Il controllore combattuto tra il dovere verso l’azienda e il rispetto per la fragilità dell’utente

Savona – È bastato un biglietto sbagliato, un colore diverso, un dettaglio che per molti passerebbe inosservato. Ma non per una controllora di Tpl, l’azienda di trasporto pubblico savonese, che ha sanzionato una ragazza con sindrome di Down salita sul bus per raggiungere il gruppo ADSO e partire in gita. Aveva un biglietto in regola, ma per la tratta sbagliata. Un errore in buona fede. Eppure sufficiente per una multa.

Un gesto che ha scatenato una tempesta. La madre della ragazza ha raccontato la vicenda con parole che pesano più della sanzione stessa: “Non è la multa a indignarmi, ma la mancanza di empatia. Serve più formazione, più sensibilità. Dove è finita l’umanità?”

Ma qui non si tratta solo della sensibilità – o della sua assenza – di una singola dipendente. Il vero nodo è il ruolo stesso del controllore, figura sempre più esposta al fuoco incrociato tra dovere aziendale e doveri sociali. Da una parte, l’obbligo di reprimere l’evasione, missione che TPL rivendica a gran voce nei suoi comunicati con dati e percentuali. Dall’altra, la consapevolezza di trovarsi davanti una persona fragile, che viaggia con un biglietto, sì sbagliato, ma comunque presente. Dove finisce il rigore, e dove dovrebbe iniziare il buon senso?

In molti si chiedono: e se la controllora non avesse fatto la multa? Avrebbe rischiato un richiamo? Una sanzione disciplinare? Il sindacalista Simone Turcotto (CGIL) su LA STAMPA  l’ha detto chiaro: “Chi opera in quel ruolo sa che ogni omissione può diventare un problema. Serve chiarezza dall’azienda, non si può scaricare tutto sulla coscienza del singolo”.

E allora ecco il paradosso: chi controlla si trova a dover scegliere tra l’applicazione fredda del regolamento e l’applicazione calda dell’umanità. Un conflitto tra norme e coscienza. Tra azienda e utente fragile. È il dramma del “controllore combattuto”, figura che incarna una tensione continua: fare il proprio dovere o leggere il contesto?

L’azienda ha poi fatto marcia indietro, pubblicando una nota di rammarico, ricordando i propri “valori guida: inclusione, rispetto, responsabilità sociale”….leggi …Ma è troppo comodo richiamare questi valori solo dopo l’esplosione del caso. Dove sono, in concreto, questi valori? In quale protocollo operativo è previsto che davanti a una persona con disabilità ci si fermi un momento prima di verbalizzare?

La risposta è che non basta più sventolare buoni principi nei comunicati stampa. Serve dare strumenti concreti a chi lavora sul campo. Formazione vera, linee guida chiare, supporto istituzionale. Non si può lasciare da sola una controllora a gestire il confine tra regola e umanità.

Questo episodio – triste, ma rivelatore – deve servire a ripensare il sistema. Non per giustificare chi viaggia senza biglietto. Ma per proteggere chi, pur con tutte le sue fragilità, ci prova. Chi si alza al mattino, prende un autobus, e vuole semplicemente vivere la sua giornata come tutti.

Perché un servizio pubblico non è fatto solo di tratte, chilometri e orari. Ma di persone. E le persone, tutte, hanno diritto a essere capite prima che sanzionate.

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