CELLE LIGURE. SPIAGGE: EROSIONE SÌ, EROSIONE NO?

Si fa un gran parlare, con titoli dei giornaloni che vanno per la maggiore, e studi di esperti di istituti dove il mare neppure c’è, che le spiagge si sono ritirate di 5 metri in cinquant’anni! O non è che il mare sia avanzato di 5 metri? Poi si confondono le spiagge con le coste…di scogli, di rocce…? Ma non sono mica magliette non trattate che al primo lavaggio si restringono… Sono lì da secoli! E qui, semmai, il problema è… artico, e pure antartico, per i ghiacci che si sciolgono. Che però, per la massa sotto superficie che la innalza, sciogliendosi, la superficie dovrebbe abbassarsi…o no? Ma c’è la massa di ghiaccio fuori, direte voi… Ma è ben inferiore a quella sott’acqua, dico io. Sia come sia, lasciamola lì. E tranquilli, che tanto se ne stanno occupando Thumberg & C.”

“Torniamo alle spiagge e mettiamoci però d’accordo, perché non è la stessa cosa se uno avanza, il mare, o l’altra si ritira, la spiaggia: ed io, comunque, da (in)esperto non ne  ho la più pallida idea. Però una cosa la dico, e subito invitando e premettendo di non generalizzare, e di andarci piano con il mare, secondo il noto detto.

Tanto per cominciare, guardate quanta sabbia ha portato la mareggiata dell’anno scorso a Celle: passeggiata completamente coperta, e così la retrostante Piazza del Popolo, Via Aicardi e laterali, davanti al Comune e sul lato opposto, locali e anfratti vari: tutto insabbiato, quintali e quintali di sabbia, anzi tonnellate! Che però, con santa pazienza e non poca fatica sono stati restituiti alla spiaggia e al mare. Dunque, uno pari: dov’è l’erosione, la perdita di arenile? Qui a Celle, non c’è stata, e s’è pure letto di altre località ben più note, senza far nomi.  E dunque ancora, chi ha contato, e quanti, gli ombrelloni rimasti nei magazzini per mancanza del metro quadro o poco più di sabbia?”

S’è detto di non generalizzare, e questo perché non si possono certo disconoscere e tacere alcune  (poche e sempre le stesse) realtà di specifica sistematologia e croniche, sulle quali si sono sempre soffermati gli articolisti.

Che un certo impoverimento avvenga, e sia avvenuto negli anni, decenni, secoli… per ‘usura dei granuli, o granelli, causato dagli urti reciproci nei movimenti indotti dal moto ondoso’…è fisiologico, e non si vuol certo negarlo. Ma tutta quella sabbia di quei 5 metri – per quante decine, centinaia, migliaia di chilometri…?  –  dov’è finita? A Celle, sentito sommessamente qualche addetto ai lavori (leggi, un tempo, bagnini ora imprenditori di stabilimenti balneari…), non vi è stato alcun ammanco. Alla spiaggia di Celle paese, e lo stesso a quella dei Piani. Dove là, però, vi è stata una notevole traslazione alle estremità: riduzione, anzi svuotamento, della spiaggia libera dal Molo Buffou (il promontorio sul mare tagliato per la curva della Via Aurelia da dove appare Celle venendo da Varazze: lemma da ‘sbuffo’ di una grotta, un tempo sottostante) e lunga spianata, oltre i Bagni Augustus verso il Club Nautico, come non s’era visto da anni. [Tanto che si sappia, e per personale testimonianza, prima della costruzione del detto molo, il secondo ‘pennello’ di Celle, la spiaggia finiva poco dopo l’inizio della curva: di lì un bel fondale, tanto che con mare calmo, con la barca o a nuoto, si andava dentro alla grotta; la quale, mare appena agitato, con rombo sordo ‘sbuffava’ di brutto, di qui ‘Buffou’, n.d.r.]

Aggiungiamo pure che da un anno all’altro, sempre si sono visti questi spostamenti, anche alla spiaggia di Celle paese: se un po’ di più ai bagni a ridosso del ‘Pinelu’ (pennello=molo trovato in vocabolario del savonese, non del genovese) che a volte arrivavi a piedi fin alla punta, meno alla spiaggia libera e degli Scouts, a San Bastian, con basso fondale ad sino in Cala Cravieu (l’attuale  porticciolo; un  tempo, molto lontano, prima di  strade ferrate  e asfaltate, forse lembo erboso in cui brucavano capre, crava: cravieu=posto delle capre)

L’anno dopo, o a recente mareggiata, viceversa. Così a Celle e così ai Piani.

Ma la sabbia difficilmente oltrepassa i moli, ancorché le correnti siano sempre verso levante – secondo quanto sostenuto dal nostro illustre concittadino, l’ing. Silvio Volta, in un suo dotto libretto – per effetto del movimento aereativo, con a seguito le correnti marine, dipartente dal Golfo del Leone e proveniente addirittura da Gibilterra, quelle del bacino mediterraneo. Altra cosa quelle atlantiche a più alta quota. Se fosse (stato) diverso si sarebbe insabbiato tutto il lato levante del ’Pinelu’, ‘a Pappacian-na’ , degli omonimi bagni e tutto il lungo scogliera sino a congiungersi con la spiaggia dei Piani.

Pappacianna forse da ‘pappamolla’ ‘pappapiana’ (cian-na), luogo riparato, acqua bassa, l’attuale spiaggia degli omonimi Bagni; fino agli ultimi anni del ‘900, ansa priva di sabbia,  con scoglietti a pelo di superficie e mare al ginocchio, fino alla ‘nave’, il grosso scoglio oltre il quale il fondale scende di qualche metro, e verso mare delimitata, protetta da ‘ù pinellettu’=il pennelletto [con mare calmo, era luogo abituale dei figgieu (lett. figlio-i) =ragazzini cellesi- cellaschi  a  cercare  ‘patéle’  (‘patelle’,  molluschi  attaccati  agli  scogli)  che  poi  ‘cuocevano’ capovolte su  improvvisati  focherelli  e mettevano a  pezzi sull’amo  per  pescare,  e pure  ne mangiavano;  cos  con i  ‘muscoli’= mitili  che i più grandicelle staccavano a grappoli dagli scogli appena sott’acqua sulla punta del Pennello; si ‘pescava’… con corte ‘cànne d’India’, canne  di  bambù, arraffate in qualche  giardino, con ‘çimelìn a punta’ (diminutivo  di ‘çimma’=cima ben appuntita, cioè sottile per sentire ‘è tucche’=le ‘toccate’ del pesce sull’esca nell’amo per abboccarla) con attaccata una bracciata di filo finissimo, magari ‘in nattin’ dim. di natta, sughero=galleggiante, se filo lungo a lanciare più lontano, con piombino e l’amo; il filo era ‘ù pèi de Mescin-na’  lett. ‘pelo di Messina’ (l’antesignano del filo di nylon) o ‘pelo di madreperla’, ricavato dai fili (chiamati ‘pinne’ o ‘bachi di seta di mare’) di tenuta alla roccia di grosse conchiglie bivalve: filamenti anche per fare calze finissime e pregiatissime; per i pescatori, invece, solo per il filo da pesca, con forse aggiunte di seta, prodotto in tutto il  Mediterraneo, e da noi a Palermo,  Siracusa,  Messina:  appunto;  n.d.r.];”

E che dire di quando una mezza libecciata (mareggiate con forte vento da ponente,  con  increspature  (‘pecorelle’  o  ‘pecore’  adulte…) quando onde a maroso a ripetersi, tipo Oceano: tempo di libeccio, dalla Libia, che da qui ha poco a che vederci essendo dalla parte opposta; ma Drietta ci ha spiegato (v/La Rosa o Stella dei Venti a pag. II) estiva, quella di un ponentino del girasole allo zenith un po’ sostenuto, l’indomani mattina sul bagnasciuga, sotto i piedi non senti più sabbia ma ghiaia o addirittura sassi? E qualche giorno dopo, senza notevoli movimenti dall’atmosfera da terra, che magari non hai neppure percepito perché ci giocano le correnti sottomarine, risenti la sabbia o, magari, la ghiaietta?

Questo è il mare, metafora della vita.

“Cerchiamo di lasciarlo stare più che si può: dio-mostro vorace e generoso, che fa e disfa.”

Il mare dà e prende. Prende e dà!

Pierre da A Civetta

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