Esperienze di una mobilità sostenibile in giro per l’Europa

PONTEVEDRA HA BANDITO LE AUTO 20 ANNI FA.

OGGI PROSPERA SENZA SMOG E INCIDENTI MORTALI.

DI SILVIA GRANZIERO

Negli anni Novanta la città spagnola di Pontevedra era ostaggio di oltre 27mila veicoli, che ogni giorno intasavano il centro storico e soffocavano i suoi 80mila abitanti.  Dopo aver rischiato lo spopolamento, oggi Pontevedra, in Galizia, ha cambiato completamente volto: quasi 670mila metri quadri del centro sono stati liberati dalle automobili, con tutta l’area storica medievale fino a quella risalente al Diciottesimo secolo pedonalizzate e le strade lastricate in granito; il limite di velocità è stato abbassato a 30 chilometri orari e le rotatorie hanno sostituito i semafori. Questi cambiamenti sono avvenuti nel giro di circa un anno da quando, nel 1999, è stato eletto sindaco Miguel Anxo Fernández Lores con un programma dedicato a rendere la città accessibile a tutti e specialmente ai più vulnerabili: disabili, anziani e bambini. Il modo per farlo era eliminare le automobili dal centro. Per raggiungere l’obiettivo il sindaco ha scelto un approccio moderato, limitando l’accesso ai residenti dotati di un garage privato, alle emergenze, ai servizi di consegna e per gli stop brevi. Al divieto di accesso è stato affiancato lo spostamento in periferia dei parcheggi (circa 13mila, di cui una buona parte gratuiti), per lo più sotterranei. Quest’ultima scelta è stata quella con l’impatto maggiore, dato che prima del 2000 il 60% degli accessi al centro storico era dovuto alla ricerca di un’area di sosta. Oggi, solo il 9% dei veicoli della città accede a quest’area.

Negli anni non sono mancate le proteste degli abitanti, anche per la scarsità dei mezzi pubblici di trasporto e soprattutto quelli di collegamento tra i parcheggi della periferia e il centro. Nonostante ciò, Lores è stato rieletto ben tre volte, a dimostrazione del fatto che il miglioramento della qualità della vita è stato riconosciuto da buona parte della comunità. Anche la comunità internazionale ha apprezzato l’esempio virtuoso galiziano, conferendo a Pontevedra il premio europeo Intermodes per la mobilità nel 2013 e nel 2014 quello dell’Onu per la sua qualità urbana e di vita e la politica per l’accessibilità. La filosofia del sindaco è che il possesso di un veicolo non è un’autorizzazione per occupare lo spazio pubblico, a differenza di quanti lo vivono come un elemento di superiorità rispetto ai pedoni e ai ciclisti. Per questo ha aumentato il numero dei vigili per assicurare il rispetto delle regole e la loro comunicazione ai cittadini, negli anni hanno capito e si sono adattati bene alla nuova situazione, godendo di tutti gli effetti positivi.

Il volto della città è completamente cambiato grazie a riforme economiche e di semplice attuazione, come l’aumento delle aree verdi e l’ampliamento degli spazi ciclabili e pedonali anche nelle vie non interdette al traffico. Oggi tre quarti dei trasferimenti che un tempo erano fatti con mezzi a motore avvengono a piedi o in bicicletta, mentre l’automobile viene usata ancora nel 22% dei casi, contro il 45% della media europea per gli spostamenti urbani casa-lavoro. La salute ne ha giovato doppiamente: l’aria di Pontevedra è molto più sana, dato che le emissioni di anidride carbonica sono calate del 66% circa, una quantità equivalente a 500 chili annui per cittadino. Questa cifra assume un significato importante ora che sappiamo che nell’Unione Europea si stimano complessivamente 460mila decessi prematuri causati dall’inquinamento atmosferico, di cui circa 33mila in Spagna. Gli abitanti della città non godono solo di una migliore qualità dell’aria, ma sono anche molto più attivi fisicamente con il 70% degli spostamenti a piedi e il 6% in bicicletta, andando incontro alle linee guida dell’Oms che raccomandano un’attività fisica moderata di almeno 150 minuti alla settimana per gli adulti. Il comune ha investito anche nella comunicazione, proprio per sottolineare i benefici del nuovo stile di vita: la mappa Pasominuto indica per 20 diversi itinerari a piedi i tempi di percorrenza, le calorie consumate e il numero di passi necessari per completarlo.

Anche i bambini oggi vanno a scuola a piedi e si sono ripresi le piazze come campo di gioco, grazie all’aumento della sicurezza: gli incidenti sono diminuiti drasticamente. Pontevedra, infatti, ha 80mila abitanti come Treviso, ma mentre qui non si sono registrati morti per incidenti in auto dal 2009, nel solo 2017 a Treviso sono morte 52 persone. Inoltre, la riqualificazione del centro – dove sono state trasferite più scuole e i reparti ospedalieri di pediatria e maternità – lo ha rivitalizzato, facendo crollare il tasso di criminalità, che nel 2010 ha raggiunto il minimo degli ultimi 10 anni con 34 reati ogni mille cittadini, scesi a 27 nel 2017.

In vent’anni l’amministrazione di Pontevedra ha saputo ricucire il tessuto sociale della città. Liberata dalle automobili – con una riduzione del traffico pari al 77% nell’anello interno e al 97% nel cuore del centro – la città è tornata a popolarsi, registrando il maggiore aumento demografico della Galizia degli ultimi dieci anni, con una crescita degli abitanti dai 73,871 del 1998 ai circa 83mila di oggi. Nel contesto di una Spagna alle prese con il maggiore calo demografico dagli anni Quaranta, fa ancora più scalpore l’aumento dell’8% della popolazione under 14 a partire dal 2000.

L’esperimento positivo di Pontevedra non ha pari per radicalità, ma molte città del mondo mondo si stanno mobilitando per attuare politiche simili. A guidarle si trovano le capitali verdi del nord Europa: mentre a Copenaghen già dal 2016 ci sono più biciclette che automobili in circolazione, a Oslo nel 2017 sono stati eliminati circa 300 parcheggi e altrettanti l’anno successivo. Al loro posto sono state create delle piste ciclabili e ridotte le aree aperte al traffico privato. Il piano originale dell’amministrazione della città era la messa al bando totale dei veicoli a motore, ma le proteste hanno spinto il comune ad adottare un approccio graduale come quello di Pontevedra, partendo dalla riduzione dei parcheggi.

Un’altra strategia molto diffusa è quella di ampliare le aree pedonali, come sta facendo New York, dove già sono completamente pedonalizzate zone come Times Square e il Madison Square Park. La città statunitense sta investendo anche sul bike sharing, seguita dalla metropoli cinese di Shanghai che, data la sua densità abitativa, studia da anni strategie di mobilità alternative per ridurre il traffico da veicoli a motore. Oltre alle rete di bike sharing Shanghai ha puntato molto anche su una linea metropolitana all’avanguardia, a un costo equivalente a 30 centesimi di euro circa per corsa. Anche Bruxelles – che ha già un’area pedonale tra le più estese in Europa – spinge i cittadini a usare il trasporto pubblico, che è gratuito nei giorni di maggiore inquinamento, da verificare su un’app specifica aggiornata in tempo reale.

In Italia le città lottano ancora con il sovrappopolamento delle automobili, ma si intravedono segnali di miglioramento, con una leggera flessione nel tasso di motorizzazione: gli italiani si spostano sempre meno con l’auto di proprietà, preferendo il car sharing quando possibile. Nonostante questo, nel nostro Paese in media il numero di veicoli in circolazione è aumentato rispetto all’inizio degli anni 2000. Il risultato sono i 4,5 incidenti ogni mille abitanti e un’impennata delle malattie respiratorie dovute all’inquinamento atmosferico, responsabile di oltre 84mila morti premature in Italia, uno dei tassi più alti in Europa. Diverse amministrazioni si sono impegnate nel rendere più vivibili le loro città, per esempio attraverso l’ampliamento delle zone a traffico limitato e delle piste ciclabili, non supportato tuttavia da un adeguato sistema di trasporti pubblici, come denunciato dal rapporto Mobilitaria 2018.

L’esempio di Pontevedra, facilitato dalle dimensioni ridotte della città galiziana, sarebbe esportabile nella maggior parte dei centri urbani italiani, simili per estensione e caratteristiche storiche e architettoniche. Per il sindaco Lores, restituire le strade agli abitanti non è un’utopia, ma un progetto realizzabile: lui ci è riuscito senza investire milioni in infrastrutture, facendo affidamento solo sulle casse del comune e senza interventi del governo o della regione. Il politico galiziano non ha dubbi nel sostenere che quasi sempre a mancare non sono i fondi o le idee, ma la volontà di una classe politica che ha dimenticato la centralità della salute nella qualità della vita dei suoi cittadini.

DI SILVIA GRANZIERO 

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